La decadenza del sistema Italia si misura attualmente soprattutto sulla crisi del mondo del lavoro, una crisi profonda e devastante tipica del sistema turbocapitalistico che colpisce soprattutto i lavoratori e la loro dignità di uomini e cittadini e che favorisce sempre più gli avidi ed insaziabili speculatori.
Tutto questo rappresenta anche il completo fallimento della lotta di classe con tutte le sue liturgie, i suoi rituali, le sue strutture sindacali ormai obsolete ed incapaci di offrire una sia pur minima tutela alle forze del lavoro e della produzione.
Siamo tornati a forme di lotta che vedono contrapporsi azioni di sciopero e di serrata; questo perverso meccanismo, infecondo e distruttivo tipico della lotta di classe, aveva già segnato nei secoli recentemente passati, la sconfitta dei lavoratori e l'impoverimento delle nazioni.
La politica, nelle sue forme partitiche demoparlamentari, ha perso ogni valore sociale e nazionale e non è in grado di arrestare il declino di un popolo che , per essere tale, dovrebbe-in questa situazioni- mostrare una capacità reattiva autonoma di natura autenticamente rivoluzionaria.
Continuare a vedere masse di lavoratori, insidiate nel loro diritto primario al lavoro, protestare per le strade sventolando bandiere sindacali che sono i simboli della resa, della rassegnazione e del fallimento, quando non addirittura della complicità con i rappresentanti della plutocrazia, significa che il sottile lavoro di demolizione e di destrutturazione delle caratteristiche antropologiche tradizionali della stirpe italica messo in atto dal " grande fratello" ha raggiunto l'obbiettivo.
Questi disordinati cortei para-carnevaleschi con i lavoratori che battono su tamburi di latta, che soffiano su fischietti da fiera paesana, che sempre più spesso si presentano con abbigliamenti strani, non impensieriscono il plutocrate che li osserva, non fanno paura, non creano solidarietà, anzi sono la riprova che la "medicina" liberista ha effetto e la cura può tranquillamente essere continuata.
L'effetto reattivo delle pulsioni interne, individuali e collettive delle rabbie represse delle privazioni delle frustrazioni e delle umiliazioni non preoccupano più di tanto: ciè il campionato di calcio e lo stadio è l'arena settimanale dove tutto si sacrifica e si ricompone in un rito collettivo a pagamento che fa parte ormai non dello sport nel suo significato originario, ma del sistema.
In ambito più intimistico, vorrei dire familiare e casereccio, c'è poi l'effetto placebo della televisione che fa da supporto a questo perverso disegno sapientemente pianificato e gestito.
Piano piano, con azione metodica, capillare, i lavoratori sono stato fatti scivolare dalla "civiltà del lavoro" al "mercato del lavoro" passando quindi da protagonisti del loro avvenire a soggetti dell'economia e dello stato, a semplice merce regolata dalla spietata legge della domanda e dell'offerta.
In questo contesto il lavoro viene vissuto come una maledizione e quindi non se ne afferra più il significato etico e il valore sociale.
Il lavoro viceversa deve essere considerato necessario per una esistenza dignitosa ma anche mezzo di elevazione e di conquista.
Il lavoro quindi diritto-dovere e come affermazione della volontà umana e perciò anche come criterio di valutazione del cittadino nell'ambito della società.
La precarietà del lavoro e il non lavoro rappresentano il peggiore e il più infame dei delitti sociali che mente umana possa immaginare: Eppure il sistema plutocratico imperante si sente immune da colpe e tutto viene giustificato dalla logica del profitto: la produttività, la delocalizzazione, la ristrutturazione, la mobilità, la competitività, la concertazione, sono tutti termini utilizzati dal partito unico cosidetto " riformista" ( trasversale a destra e a sinistra) che tenta di nascondere nel lessico il suo fallimento totale.
Le chiese, laiche e confessionali, in questo contesto di povertà materiale e morale, hanno potuto rispolverare e gestire l'industria dell'assistenzialismo caritatevole, perchè lo stato, quale espressione della natura sociale dell'uomo, quale sintesi dei valori di una comunità e quale garante dei diritti e dei doveri della stessa, è stato demolito e non esiste più.
Conseguentemente, negli individui e nella collettività si è perso il concetto di " Stato" e quando declina il senso dello stato e prevalgono tendenze dissociatrici e centrifughe degli individui e dei gruppi, le società nazionali volgono al tramonto, il popolo vale a dire la nazione non è un in'afferrabile principio spirituale.
Esso è una concreta volontà di vita esplicantesi attraverso il fatto politico.
Senza Stato non vi è Nazione, perche non vi è sufficiente energia di volontà collettiva.
E lo stato è la condizione per la quale soltanto può dimostrarsi l'esistenza di uno spirito nazionale che non può essere ricondotto a nulla di più semplice e a nulla di più definito dello stesso stato.
L'unica prova dell'esistenza di un popolo si ha in quell'atto nel quale un gruppo umano si afferma come " Nazione sovrana" creando il proprio stato che non è soltanto il presente ma soprattutto il futuro.
E' lo stato che trascende il limite breve delle vite individuali, rappresenta la coscenza immanente della nazione.
Le forme in cui gli stati si esprimono mutano, ma la necessità rimane.
A questo punto del ragionamento voglio introdurre il "sogno" ( che per le controparti diventa automaticamente un incubo!); vediamo i lavoratori di tutte le categorie e professioni uniti, che marciano sotto le insegne nazionali simbolo di riscossa e di libertà, cioè individui che manifestano come popolo che si fa esso stato e quindi diventa movimento proletario socializzatore e rivoluzionario di LIBERAZIONE NAZIONALE. Comunità umana coesa e consapevole della sua storica missione cioè di un proprio obiettivo unitario sovraindividuale che prende forma in un determinato assetto
Politico e difende e svolge la propria identità nello spazio e nel tempo attraverso un processo di volontà autonoma che si manifesta e concretizza in istituzioni statuali organiche che tendono al bene comune che non può che realizzarsi se non attraverso il lavoro, la collaborazione e la giustizia sociale.
Ecco perchè bisogna affrettarsi ad uscire dal ghetto degli estremismi sia di sinistra che di destra per riprendere a vele spiegate la navigazione a mare aperto.
Anna Bresciani
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