Giovani per la pensione, vecchi per lavorare: 350mila a rischio con la crisi
Con la crisi che picchia duro e ogni giorno si arricchisce di una nuova cattiva notizia da ogni angolo del pianeta, è umano che i “lavoratori maturi” siano terrorizzati dal futuro. Anche ieri il ministro Sacconi ha ricordato l’impegno del governo di destinare 4 miliardi proprio per i lavoratori meno tutelati ma loro temono che i posti di lavoro destinati al rogo somigliano a una medaglia: su una faccia l’esercito dei giovani con contratto a termine che aspettano con il fiato sospeso il giorno della scadenza nel timore che non arriverà il rinnovo. Si sa che, da gennaio, ogni mese ne scadono circa 315mila. Per molti significherà la disoccupazione. Il 13% dei lavoratori atipici è di “lunga durata”, ha di media tra i 40 e i 50 anni ma non mancano gli ultracinquantenni, usciti dai processi produttivi per colpa della crisi. Per loro, con un Welfare State ai minimi termini, la prospettiva è il Welfare familiare e aspettare che “passi la nuttata”.
L’ALTRA FACCIA del dramma sono proprio gli over 50: per loro scarse prospettive di riqualificazione professionale, poca attitudine a familiarizzare con nuovi processi produttivi e nuove tecnologice. Lo stesso uso del computer è spesso sconosciuto. E così trovare una nuova occupazione diventa impresa difficile. Quando esiste il sostegno della cassa integrazione non è l’ipotesi peggiore, in caso di difficoltà dell’azienda: l’incubo è il licenziamento tout court perchè il mercato del lavoro lascia poche speranze agli over 50. Cosa fare? Esistono ammortizzatori sociali e programmi di riqualificazionedi settori, aziende e anche personali ma la crisi batte anche sui conti pubblici del Belpaese, per nulla brillanti. Però, non basta “aspettare che passi la nottata”, sperare solo nella fine della crisi: sarebbe la strategia peggiore. Con 350mila famiglie in seria difficoltà il rischio è quello di stravolgere le basi della coesione sociale del Paese.
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