venerdì 29 marzo 2013

Nicola Bombacci e la socializzazione


Maurizio Barozzi (31 gennaio 2013)   


GENOVA: comizio di "Nicolino" Bombacci
15 marzo 1945



Genova, 15 marzo 1945, siamo quasi all'epilogo di una guerra spietata e criminale imposta all'Europa dalle grandi plutocrazie occidentali.
Tanti, anche nelle fine del fascismo pensano a come salvarsi, qualcuno persino a come riciclarsi e comunque nessuno si fa più illusioni, la guerra è inevitabilmente perduta e le conseguenze nazionali e personali saranno gravissime.
Il 12 febbraio dell'anno precedente, il 1944, erano stati varati i primi decreti Legge sulla Socializzazione delle imprese: una riforma rivoluzionaria per il mondo del lavoro, ma anche per tutta l'economia nazionale la quale, accompagnandosi con altre riforme come quella sul libero mercato azionario, sul mercato immobiliare e della casa, sui delicati settori primari del vestiario e dell'alimentazione, e soprattutto alla legislazione Corporativa e alle Leggi sullo Stato sociale, veniva a instaurare l'unica forma di socialismo possibile: quella "dentro" la Nazione e preservando comunque l'iniziativa e la proprietà privata (senza le quali si "uccide" lo sviluppo e si sconfina nel supercapitalismo di stato), ma subordinandole agli interessi dello Stato e inquadrandole in un ottica di giustizia sociale. L'esatto contrario dello Stato liberista.
Purtroppo l'attuazione della Socializzazione finì per insabbiarsi a causa delle necessità belliche, ma soprattutto a causa di un triplice boicottaggio: in primis quello degli industriali che, ovviamente, non volevano spartire la direzione delle Aziende con il mondo del lavoro, nè tantomeno ripartire gli utili. Questi pescecani, che sono magari disposti a farlo come "elargizioni", fuori busta, elemosina, ma mai come atto dovuto di giustizia sociale, presero ad appoggiarsi e a giocare su due sporchi tavoli per boicottare la socializzazione: i tedeschi e i comunisti.
I tedeschi, infatti, secondo elemento del boicottaggio, ragionavano esclusivamente in termini di economia di guerra e quindi erano unicamente interessati a quel poco di produzione militare e paramilitare che l'industria italiana poteva garantirgli: ergo, se gli industriali gli assicuravano che questa socializzazione era una complicazione alla produzione, i tedeschi gli davano ascolto.
Terzo elemento di boicottaggio della socializzazione furono i comunisti. Presenti clandestinamente nelle fabbriche tra i rappresentanti sindacali, i comunisti boicottarono con tutte le loro forze quella riforma che, ideologicamente, li spazzava letteralmente via dal mondo del lavoro. Era veramente la fine della marxiana lotta di classe, ma questa volta non in virtù di una pace sociale in qualche modo imposta alle categorie produttive, ma per una ricomposizione sociale, ideologica e pratica che rendeva inutili e assurde le rivendicazioni di classe.
Fu così che i comunisti passarono la parola d'ordine di boicottare tutte le elezioni dei delegati dei lavoratori nel complesso socializzato. E, salvo alcune aziende, dove le elezioni si tennero con ampia partecipazione, nel complesso ci riuscirono, con l'approvazione padronale e praticamente riuscirono a far agire i lavoratori contro i loro interessi, aiutati dalla paura, dal terrore, che incutevano, forti delle prospettive che ci sarebbero state con la fine di una guerra oramai scontata nel suo esito.
Le sinistre completarono poi l'opera a guerra finita quando, accogliendo le richieste Alleate, abolirono tutte le Leggi sulla socializzazione.
In cambio gli furono concesse svariate opere del Regime, sedi e locali di altissimo valore dove si installarono i sindacati, organismi vari e quant'altro, e per abbindolare e tacitare la classe operaia, gli vennero concesse legittimazioni di rappresentanze sindacali e qualche gratifica.
Insomma un immondo baratto: in cambio di immobili e piatti di lenticchie per i lavoratori, la grande riforma socialista e rivoluzionaria venne abrogata, per sempre. Gli Agnelli, i Valletta, i Falk, gli Edison, e tutti gli altri industriali della Confindustria, che anche sotto il fascismo si erano abbondantemente arricchiti, ringraziarono.
Ma torniamo a quel 15 marzo 1945 ed esattamente in piazza De Ferrari a Genova, dove un eccellente e genuino oratore, che era stato socialista, poi tra i fondatori del comunismo nel 1921 ed aveva conosciuto Lenin anche nelle ore pericolose della rivoluzione bolscevica, cioè il romagnolo Nicola Bombacci, classe 1879, un tempo chiamato il Lenin di Romagna, arringò una enorme folla che, più che altro, fu individuata negli operai delle industrie navali liguri e delle fabbriche siderurgiche e meccaniche di Sampierdarena, di Cornigliano, di Sestri Ponente, di Pegli e di Voltri, nonché della Valbisagno e della Valpolcevera.
Nicola Bombacci, come ricostruito da Bruno de Padova (http://www.italia-rsi.org/uomini/bombacci.htm) diede sfoggio a tutta la sua eloquenza rivolgendosi ai produttori genovesi:
«Compagni! Guardatemi in faccia, compagni! Voi ora vi chiederete se io sia lo stesso agitatore socialista, il fondatore del Partito comunista, l'amico di Lenin che sono stato un tempo. Sissignori, sono sempre lo stesso! Io non ho mai rinnegato gli ideali per i quali ho lottato e per i quali lotterò sempre…». Ed aggiunse: «Ero accanto a Lenin nei giorni radiosi della rivoluzionecredevo che il bolscevismo fosse all'avanguardia del trionfo operaio, ma poi mi sono accorto dell'inganno… Il socialismo non lo realizzerà Stalin, ma Mussolini che è socialista anche se per vent'anni è stato ostacolato dalla borghesia che poi lo ha tradito… ma ora Mussolini si è liberato di tutti i traditori e ha bisogno di voi lavoratori per creare il nuovo Stato proletario…».
Ricorda De Padova: «Nel contempo, tra lo stupore di tutti per quel linguaggio senza indugi, l'operaio metallurgico Paolo Carretta -presente col pubblico- salì spontaneamente sul palco e volle testimoniare della sua esperienza drammatica di comunista esule nell'URSS staliniana, fatto che consentì a Bombacci di esortare i liguri al riscatto dell'Onore nazionale dopo il tradimento dei Savoia, di Badoglio e dei massoni, ma anche tutti a partecipare attivamente alla formazione dei consigli di gestione nelle aziende perché si trattava di "Conquiste che, comunque vada, non devono andare perdute" onde galvanizzare la socializzazione in fase di compimento, dato che "presto tutte le fabbriche saranno socializzate e sarà esaminato anche il problema della terra e della casa perché, tutti i lavoratori devono possedere la loro terra e la loro casa…"».
La genesi della Socializzazione, venne riassunta su una "Corrispondenza Repubblicana" del 24 febbraio 1944, attribuita a Mussolini:
«Il secondo degli otto punti che precedono il testo del decreto sulla socializzazione delle imprese approvato dal Consiglio dei Ministri il 12 febbraio, dice che uno dei criteri fondamentali che hanno ispirato il decreto stesso è la rivendicazione della concezione mussoliniana di una più alta giustizia sociale, di una più equa distribuzione della ricchezza, della partecipazione del lavoro alla vita dello Stato... Già il 20 marzo 1919 tre giorni prima della fondazione dei Fasci, Mussolini così parlava agli operai di Dalmine: "Non siete voi i poveri, gli umili, i reietti secondo la vecchia retorica del socialismo letterario; voi siete i produttori ed è in questa vostra qualità che voi rivendicate il diritto di trattare da pari con gli industriali… Voi giungerete a funzioni essenziali nella vita moderna. Il divenire del proletariato è problema di capacità e di volontà… È il lavoro che nelle trincee ha consacrato il suo diritto a non essere più fatica, disperazione, perché deve diventare orgoglio, creazione, conquista degli uomini liberi nella Patria libera e grande entro e oltre i confini".
Il 9 ottobre 1919 aveva luogo la prima grande adunata fascista. Ecco quel che conteneva la relazione Fabbri sul programma del fascismo, letta in quella occasione: "Problema sociale: a) sollecita promulgazione di una legge che sancisca per tutti i lavoratori la giornata legale di otto ore sull'effettivo lavoro; b) miglioramento di paga; c) partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori al funzionamento tecnico dell'industria; d) affidamento alla stesse organizzazioni proletarie della gestione d'industria e servizi pubblici; e) modificazione del disegno di legge d'assicurazione sull'invalidità e vecchiaia, fissando il limite d'età a seconda dello sforzo che esige ciascuna specie di lavoro; f) obbligo ai proletari di coltivare le terre; le terre non coltivate dovranno essere date a cooperative di contadini; g) riforma della burocrazia ispirata al senso della responsabilità individuale".
Il ministero delle Corporazioni veniva inaugurato il 31 luglio 1926.
E Mussolini diceva con precisazione nettissima:
"La gente del lavoro fu fino a ieri misconosciuta e negletta dallo Stato vecchio regime. La gente del lavoro si accampò fuori dello Stato e contro lo Stato. Oggi tutti gli elementi della produzione, il capitale, la tecnica, il lavoro, entrano nello Stato e vi trovano gli organi corporativi per l'intesa e la collaborazione".
Al congresso dei sindacati fascisti in Roma, tenutosi il 7 maggio 1928, il Duce faceva la seguente programmatica dichiarazione:
"Occorre ancora migliorare qualitativamente le nostre masse, far circolare cioè la linfa vitalissima della nostra dottrina nell'organismo sindacale italiano. Quando queste condizioni si siano realizzate, noi passeremo audacemente ma metodicamente alla terza e ultima fase: la fase corporativa dello Stato italiano. Il secolo attuale vedrà una nuova economia. Come il secolo scorso ha visto l'economia capitalistica, il secolo attuale vedrà l'economia corporativa… Bisogna mettere sullo stesso piano capitale e lavoro. Bisogna dare all'uno e all'altro uguali diritti e uguali doveri".
E il 6 ottobre 1934 il Duce ribadiva il suo programma sociale con le seguenti parole, in cui per la prima volta veniva definito il concetto della "più alta giustizia sociale":
"Il fascismo stabilisce l'uguaglianza verace e profonda di tutti gli individui di fronte al lavoro e di fronte alla nazione… Che cosa significa questa più alta giustizia sociale? Significa il lavoro garantito, il salario equo, la casa decorosa; significa la possibilità di evolversi e di migliorare incessantemente. Non basta. Significa che gli operai, i lavoratori devono entrare sempre più intimamente a conoscere il processo produttivo e a partecipare alla sua necessaria disciplina".
Un logico sviluppo del concetto di giustizia sociale è la seguente affermazione fatta da Mussolini il 13 marzo 1936: "Devono raccorciarsi e si raccorceranno, nel sistema fascista, le distanze fra le diverse categorie di produttori…".
Il 23 marzo 1936, infine, Mussolini pronunciò un discorso alle Corporazioni parlando delle "industrie-chiave" che interessano direttamente e indirettamente la difesa e la vita della nazione. In tale occasione, egli si poneva questi interrogativi:
«… L'intervento dello Stato in queste grandi unità industriali sarà diretto o indiretto? Assumerà la forma della gestione o del controllo?». E rispondeva:
«In taluni rami potrà essere gestione diretta, in altre indiretta, in altri un efficiente controllo. È perfettamente logico che anche nello Stato fascista questi gruppi di industrie cessino di avere anche de iure la fisionomia di imprese a carattere privato… Questa trasformazione costituzionale di un vasto importante settore della nostra economia si farà senza precipitazione, con calma, con decisione… In questa economia i lavoratori diventano con pari doveri collaboratori nell'impresa, allo stesso titolo dei fornitori di capitale o dei dirigenti tecnici».
Sarebbe facile, come appare ovvio a chiunque conosca le manifestazioni del pensiero sociale mussoliniano, continuare; ma queste poche citazioni sono sufficienti per documentare la coerenza rivoluzionaria del fascismo, il quale non rinnega ora le proprie origini e i propri ventennali sviluppi, ma si rifà alla loro più genuina essenza travolgendo gli esterni ostacoli e le interne resistenze che si frapponevano alla piena realizzazione dei suoi altissimi fini sociali».
Era scontato che, con questi presupposti, Bombacci si schierasse immediatamente a fianco di Mussolini, ben conscio del tragico destino che avrebbe coinvolto entrambi.
Del resto Bombacci, già negli anni '20, si era reso conto del carattere fraudolento del comunismo. I suoi atteggiamenti, le sue posizioni atipiche, finirono per farlo espellere dal PCdI, mentre al contempo, nonostante i dissidi e le opposte barricate, Mussolini e Bombacci erano sempre stati tra loro uniti da una profonda amicizia.
Nei primi anni di governo, anzi, Mussolini in qualche modo utilizzò Bombacci e le sue entrature in Russia, per portare avanti vari accordi commerciali con quel paese, compreso il riconoscimento internazionali dell'URSS.
Durante il ventennio Bombacci si ritrovò emarginato dai suoi ex compagni comunisti, mal visto dai fascisti, in particolare quelli con tendenze reazionarie e finì anche in gravi ristrettezze economiche famigliari. Ma potè sempre contare sulla solidarietà e gli aiuti "discreti" di Mussolini. Generosità questa che Bombacci non dimenticò mai.
L'avvento delle Corporazioni, la politica autarchica e le tante riforme sociali del ventennio spinsero Bombacci ad esprimere molte approvazioni alla politica mussoliniana. Dal 1936 Mussolini aveva anche consentito a Bombacci, esempio non unico, ma raro, nella dittatura del ventennio, di pubblicare una sua rivista, nomata "La Verità", non a caso un nome a similitudine della "Pravda" sovietica.
Anche per la guerra, Bombacci si rese ben conto che, al di là della propaganda, era in atto uno scontro apocalittico con le grandi plutocrazie occidentali.
Nel pensiero e nel comportamento di Bombacci, quindi, ci fu molta più coerenza di quella di altri socialisti e anarchici, come per esempio Leandro Arpinati e Torquato Nanni, altri rivoluzionari romagnoli, tutti amici di Mussolini, che però finirono per optare, di fatto, per l'Occidente liberista degli Alleati.
Bombacci, invece, fu tra i più entusiasti della proclamazione della Repubblica Sociale da parte di Mussolini dopo l'8 settembre.
Egli vide finalmente il Duce libero dai condizionamenti savoiardi, dagli industriali, dalla Chiesa e dai Generali. Mussolini, come sappiamo, pur "prigioniero" dei tedeschi, non si fece sfuggire questa occasione storica, mai verificatasi in Italia, e procedette alle sue grandi riforme rivoluzionarie. E "Nicolino", come lo chiamava affettuosamente Mussolini, fu tra i più entusiasti e partecipi a quel progetto fin dal congresso del PFR a Verona nel novembre 1943.
Se Angelo Tarchi, ministro dell'Economia Corporativa e il prof. Manlio Sargenti, Capo gabinetto al ministero e tra gli estensori del manifesto di Verona, erano preposti alla attuazione della Socializzazione, Bombacci fu un tutto fare, tanto che Mussolini ebbe a dire: «Bombacci, che vive giorni di passione, è in prima linea tra coloro che si battono per una vera rivoluzione sociale».
Ma Bombacci svolse anche un altro compito, assieme all'ex Prefetto e segretario di Mussolini, Luigi Gatti, si impegnò in una inchiesta a tutto campo per smascherare quegli ambienti massonici e di "putrido capitalismo" che erano stati dietro al delitto Matteotti. Il dossier, a cui aveva lavorato anche Bombacci, ovviamente sparì letteralmente una volta finito nelle mani dei partigiani, ma per fortuna ne abbiamo ampie notizie dal socialista Carlo Silvestri che ebbe modo di vederlo e di parlare spesso con Mussolini, Bombacci e Gatti.
Fatto sta che l'inchiesta in RSI di Bombacci per il delitto Matteotti, la sua vecchia partecipazione, negli anni '20, ad accordi e traffici con i Sovietici, accordi che tra l'altro evitarono all'Italia, fino al 1941, il terrorismo delle cellule comuniste (i soli atti terroristici vennero compiuti durante il ventennio da cellule politiche legate a lobby massoniche) ed infine un altra partecipazione di Bombacci, nel primo semestre del 1943, alle iniziative di Mussolini per addivenire ad una tregua con i Sovietici, giocarono sicuramente nella decisione, altrimenti ingiustificata, che condannò Bombacci a morte in quel di Dongo. Ed è questo un aspetto criminale e molto poco indagato e conosciuto.
Quando la sera del 25 aprile, nella Prefettura di Milano, venne deciso lo sganciamento verso Como, Bombacci, tranquillo, con la sua valigetta necessaire, seguì il suo amico Mussolini. Salì con lui in macchina e con tutta la colonna si diressero verso Como. Lo seguì fino all'ultimo, fin nell'autoblinda bloccata a Nesso.
In quelle ultime ore, a chi gli chiedeva perchè, lui Bombacci, che in definitiva non aveva indossato la camicia nera, andava adesso a correre quei rischi mortali, lui rispose: «Mussolini è la rivoluzione socialista, dove va lui vado io!».
Resta solo da dire che Mussolini, Bombacci e la Rivoluzione, non solo furono liquidati dagli anglo-americani, vennero ripudiati dai comunisti, ma vennero anche rinnegati dai "neofascisti" missisti nel dopoguerra.
La socializzazione infatti, per un partito di destra, conservatore, da subito stampella della DC in un ottica anticomunista, era un fardello ingombrante. Per anni non se ne sentì più parlare, se non qualche accenno in sedi locali, o retorici richiami sulla stampa di partito o qualche esponente missista.
Poi quando il progetto di Michelini di fare del MSI la gamba liberale dei governi democristiani, dopo un effimero successo con il governo Tambroni del 1960 fu, e non a caso, subito liquidato e vennero varati i governi di centro sinistra, il riferimento a destra della DC diventò il PLI di Malagodi. Si aprirono così, nel partito spazi per una contestazione alla segreteria di Michelini (che però teneva strette nelle mani le borse del partito). Attorno alla figura dell'"attore" Almirante, sorse la corrente dissidente di "Rinnovamento", la quale fece propri alcuni presupposti sociali della RSI tra cui la Socializzazione. Se ne venne così a parlare, la si dibattè, anche in opposizione alla destra di Romualdi, ma era tutta una commedia, finalizzata alla spartizione delle poltrone. Ed infatti, al congresso decisivo, quello missista di Pescara del 1965, Almirante, di fatto, liquidò "Rinnovamento" accordandosi con Michelini.
E la Socializzazione restò solo una vuota retorica, uno slogan da comizio, per abbindolare gli sprovveduti.
Il progetto di una ricomposizione socialista dell'economia, sognato da Mussolini, venne quindi tradito, per primi, dai suoi falsi epigoni.
Di questo progetto, aveva detto Mussolini a Milano a dicembre del 1944: «Qualunque cosa accada, è destinato a germogliare».
Giustamente l'avvocato Manlio Sargenti, uno dei padri preposti da Mussolini a quel progetto, rivelò: «Purtroppo questo progetto non si è avverato. Gli italiani hanno dimenticato quella che costituiva la più originale, la più innovatrice proposta della loro storia recente. L'hanno dimenticata quelli stessi che si sono considerati gli epigoni dell'idea del Fascismo e della Repubblica Sociale».
In altra occasione venne anche chiesto al prof. Manlio Sargenti, che come tanti aveva aderito al MSI, ma che poi ovviamente, come tanti altri, abbandonò il partito:
«Quali furono le motivazione che la spinsero alla scelta del MSI?»
Risposta: «Questo appariva come l'unico soggetto capace di continuare l'opera della RSI, della quale conservava, nel segno distintivo il ricordo. E fu appunto questa prospettiva a indurre me, come gli altri che nell'Italia settentrionale aderirono al Movimento, a scegliere questa alternativa nonostante il pericolo a cui si andava incontro».
«Che posizione ebbe Lei quando il MSI aderì alla NATO?»
Risposta: «... io fui della corrente che si oppose per i motivi che ora soprattutto si rivelano determinanti; perchè la NATO si è sempre più rivelata lo strumento della supremazia americana e del controllo dell'America sulla politica dei paesi che vi hanno aderito. Lo spirito del MSI fu perduto nel momento in cui il Movimento votò a favore dell'adesione alla NATO».
Troppo ottimista il buon Sargenti, in realtà il MSI era già nato bacato dietro un preciso obiettivo reazionario e tramite manovre di forze reazionarie, massoniche e dell'OSS americano, finalizzate a spostare a destra la gran massa di reduce del fascismo repubblicano che di destra certo non erano.

Maurizio Barozzi      


martedì 12 marzo 2013

Le origini segrete della banca d’Inghilterra



Articolo di Stepehn Goodson – tratto da “Rinascita”

Dall’A.D. 757 fino alla morte nel 791, il grande Re Offa governò il regno di Mercia, uno dei sette regni autonomi della eptarchia anglosassone. Offa era un saggio ed abile amministratore dal cuore gentile, benchè fosse duro con i suoi nemici. Egli fondò il primo sistema monetario in Inghilterra (diversa dalla Britannia romano-celtica). Causa la scarsità di oro, usò l’argento per il conio e come riserva di ricchezza.
L’unità di conto monetaria era una libbra di argento, divisa in 240 pennies. Sui pennies veniva impressa una stella (antico inglese “stearra”), dalla quale deriva la parola “sterling”.
Nel 787 Offa introdusse una legge che proibiva l’usura, cioè caricare di interesse il presttito della moneta. Le leggi contro l’usura furono ulteriormente rafforzate dal Re Alfredo (r. 865- 99) che ordinò la confisca delle proprietà degli usurai, mentre nel 1050 Edoardo il Confessore (1042-66) decretò non solo la confisca, ma anche che l’usuraio fosse dichiarato fuorilegge e condannato al bando perpetuo.

PRIMA MIGRAZIONE ED ESPULSIONE EBRAICA

Gli ebrei giunsero per la prima volta in Inghilterra nel 1066 in seguito alla sconfitta di Harold II ad Hastings provocata da Guglielmo I il 14 ottobre.   Questi ebrei arrivarono da Rouen, 75 miglia da Falaise, dove Guglielmo venne al mondo illegittimamente come Guglielmo il Bastardo.   Nonostante le registrazioni storiche non dicano se essi appoggiarono l’idea di una invasione militare dell’Inghilterra, questi ebrei per lo meno la finanziarono. Per questo sostegno essi furono riccamente remunerati permettendo loro di praticare l’usura sotto la protezione reale.     Le conseguenze per il popolo inglese furono disastrose. Facendo pagare ratei di interesse del 33% l’anno sui terreni ipotecati dai nobili ed il 300% l’anno sugli strumenti di mestiere e su tutti i beni impegnati dai lavoratori, entro due generazioni un quarto di tutte le terre inglesi cadde nelle mani degli usurai ebrei.
Inoltre questi immigrati minavano l’etica delle corporazioni ed infuriavano i mercanti inglesi vendendo una gran quantità di merce “sotto lo stesso tetto” (con una singola licenza). Ebbero inoltre un ruolo primario nel limare le monete d’argento fondendo la limatura in lingotti e placcando d’argento lo stagno.
Il famoso economista Dr. William Cunningham paragona l’attività degli ebrei in Inghilterra dall’11° secolo in poi ad una spugna, che succhia tutta la ricchezza della terra e ne compromette lo sviluppo economico. E’ interessante notare che vi sono le prove che perfino in questo periodo inziale il Governo fece tutto ciò che era in suo potere per indurre gli ebrei a commerci decenti e lavoro onesto e quindi amalgamarsi con il resto della popolazione, ma senza successo.
Nel 1233 e nel 1275 furono approvati gli statuti sulla Giudea che abolivano qualsiasi forma di usura.
Siccome gran parte di questi ebrei non potevano “guadagnarsi da vivere”, fu approvata una legge del Re Edward I (1272-1307) il 18 luglio1290 che obbligava tutta la popolazione ebraica di 16.000 persone a lasciare l’Inghilterra per sempre.    A differenza della pratica moderna di pulizia etnica, agli ebrei, dopo il pagamento di 1/15° del valore dei loro beni e 1/10° delle loro monete, fu permesso di uscire con tutti i loro beni ed attrezzi. Qualsiasi ebreo che restasse in Inghilterra dopo il 1° novembre 1290 (Tutti i Santi) era passibile di esecuzione.

IL GLORIOSO MEDIO EVO

Con il bando dei prestatori di denaro e l’abolizione dell’usura, c’erano ben poche tasse da pagare e nessun debito statale, perché il Governo usava i “tally sticks” (bastoni di legno con le tacche), denaro senza interessi. L’Inghilterra ora godeva un periodo di sviluppo e prosperità senza paragoni. Il lavoratore medio lavorava solo 14 settimane l’anno e godeva da160 a 180 giorni di festivi.    Secondo Lord Leverhulme, uno scrittore dell’epoca: “Gli uomini del 15° secolo erano molto ben pagati “, così bene che il potere d’acquisto delle loro paghe ed il loro standard di vita sarebbe stato superato solo nel tardo 19° secolo.

Houston Stewart Chamberlain, il filosofo anglo-tedesco, conferma queste condizioni di vita ne “ The Foundations of the XIX Century”: “Nel 13° secolo, quando le razze teutoniche cominciarono a costruire il loro nuovo mondo, l’agricoltore in quasi tutta l’Europa era un uomo libero, con una assistenza più assicurata di quanto lo sia oggi. La proprietà del terreno era la regola, cosicchè l’Inghilterra, oggi sede del latifondo – era fino al 15° secolo quasi interamente in mano a migliaia di agricoltori, che non solo erano proprietari legittimi della loro terra, ma possedevano in aggiunta il diritto al libero accesso a pascoli e boschi comuni”.

FINE DELL’ETA’ DELL’ORO

Durante il 17° secolo questa età dell’oro si concluse tragicamente.   Un gran numero di ebrei che erano stati espulsi dalla Spagna nel 1492 da Isabella I di Castiglia e da Ferdinando II di Aragona si stabilirono in Olanda. Benchè gli olandesi all’epoca fossero una potenza marittima, gli usurai ebrei che si erano stabiliti ad Amsterdam desideravano ritornare in Inghilterra, dove le prospettive per espandere le operazioni di prestiti di denaro erano più promettenti. Durante il regno della Regina Elisabetta I (1558-1603) piccoli gruppi di “marrani” – ebrei spagnoli che si erano convertiti ad una forma di falso cristianesimo – si stabilirono a Londra. Molti di essi erano orafi, accettavano depositi di oro in custodia e quindi emettevano ricevute dieci volte l’ammontare dell’oro custodito come ricevute di oro, cioè prestiti con interesse.      Queste ricevute, precursori del sistema fraudolento di riserva frazionaria delle banche, erano all’inizio prestate alla Corona o al tesoro all’8% l’anno, ma secondo Samuel Pepys, diarista e segretario dell’Ammiragliato, il rateo di interesse aumentò fino al 20% o addirittura il 30% l’anno.
L’ interesse che i mercanti pagavano spesso eccedeva il 33% l’anno, anche se il rateo legale era il 6% l’anno. Operai e bisognosi sopportavano il peso di questi interessi estorsivi dovendo pagare 60%, 70% o fino all’80% l’anno. Secondo Michael Godfrey, autore dell’opuscolo intitolato “A short Account of the Bank of England”, da 2 a 3 milioni di sterline si erano perdute per bancarotta di orafi e scomparsa dei loro commessi.
Nel 1534, con la Legge sulla Supremazia, la chiesa d’Inghilterra fu dichiarata religione ufficiale dal Re Enrico VIII (1509-1547).
Durante i secoli 16° e 17° le credenze puritane basate sugli insegnamenti di John Wycliffe e John Calvin guadagnarono un crescente numero di aderenti. I Puritani consideravano la Bibbia la vera Legge di Dio e incoraggiavano la sua lettura, la preghiera ed i sermoni e la semplificazione del rituale dei sacramenti. Il Re Stuart Charles I (1625-1649), che desiderava mantenere la preminenza della chiesa anglicana, giunse ad aspro conflitto con i Puritani, che stavano facendo grandi progressi nel proselitismo della intera popolazione.  
Dopo l’assassinio dell’amico fidato e consigliere di Carlo, il duca di Buckingham, nel 1628, gradualmente si isolò dalla gente.
Le crescenti divisioni religiose fornirono la perfetta opportunità di sfruttamento ai cospiratori ebrei.
Come scrisse Israel Israeli, il padre del Primo Ministro Benjamin Israeli ne “The Life and Reign of Charles I” “la nazione fu artatamente divisa fra Sabatariani e violatori del Sabato.

Nel 1640 uno dei capi della comunità ebraica clandestina Fernandez Carvajal, mercante e spia, conosciuto anche come “The Great Jew”, organizzò una milizia armata di circa 10.000 membri, che furono utilizzati per intimidire i londinesi e seminare la confusione.   Furono distribuiti un gran numero di opuscoli e volantini.  Ben presto scoppiò la guerra civile fra i Realisti (Anglicani) e “Rounbdheads” (Puritani) che durò dal 1642 al 1648. I Roundheads con il loro esercito “New Model Army” furono vittoriosi e si stima che morirono190.000 persone, il 3,8% della popolazione.
Il capo dei Roundheads (o Parlamentaristi) era Oliver Cromwell (1599-1658), il cui esercito “NewModel Army” non solo era attrezzato e approvvigionato dal capo imprenditore ed agitatore di mestiere, Fernando Carvajal, ma anche rifornito di denaro dagli ebrei prestatori di soldi di Amsterdam. Il capo degli ebrei olandesi, Monasseh ben Israel, inviò una petizione a Cromwell chiedendogli che fosse permesso agli ebrei di immigrare in Inghilterra in cambio dei favori finanziari, da lui generosamente forniti.

L’ASSASSINIO DI RE CARLO I

Il tradimento a cui si abbassò Cromwell è rivelato nella corrispondenza fra lui e la sinagoga di Muelheim (Germania): “16 giugno 1647. da A.C. (Oliver Cromwell) a Ebener Pratt: In cambio del sostegno finanziario sosteniamo l’ammissione degli ebrei in Inghilterra. Questo è impossibile con Re Charles vivente. Charles non può essere giustiziato senza processo, non esistono al momento ragioni adeguate. Quindi consigliamo che Charles sia assassinato, non sarà difficile procurare un assassino, che lo aiuterà a fuggire”. La risposta: “Ad Oliver Cromwell da Ebebener: Forniremo aiuto finanziario appena Carlo sarà rimosso e gli ebrei riammessi.  L’assassinio è troppo pericoloso. A Charles sarà data l’opportunità di fuggire: la sua cattura giustificherà il processo e l’esecuzione. Il sostegno sarà liberale, ma non è il caso di discutere i termini fino a quando comincerà il processo”.
Re Charles era trattenuto come virtuale prigioniero a Holmy House, Northamptonshire. Il 4 giugno 1647 500 rivoluzionari catturarono il Re, ma gli consentirono di fuggire all’isola di Wight, dove fu in seguito arrestato. Il 5 dicembre 1648 la Camera dei Comuni decise “che le concessioni del Re erano soddisfacenti per un accomodamento”.
Cromwell quindi epurò la Camera dei Comuni con l’assistenza del colonnello Pryde fino a quando rimase un gruppetto di 50 membri, che votarono opportunamente che il Re fosse processato. Non un singolo avvocato se la sentiva di vergare un atto di accusa contro il Re. Alla fine fu un ebreo olandese che provvide alla bisogna, Isaac Dorislaus. Il Re fu costretto a partecipare ad un processo spettacolo in una Alta Corte di Giustizia nella quale due terzi dei suoi membri erano ””levellers” (agitatori cromwelliani) dell’esercito.
Il Re Charles rifiutò di chiedere la grazia, ma fu dichiarato colpevole e giustiziato il 29 gennaio 1649.
Quando la processione si avvicinò al patibolo, moltissimi componenti della folla gridarono: “God save the King!”

Quando tutto fu finito si udirono molti gemiti di angoscia.

SECONDA IMMIGRAZIONE EBRAICA

Dal 7 al 18 dicembre 1655 Cromwell tenne una conferenza a Whitehall allo scopo di ottenere l’approvazione per l’immigrazione su vasta scala degli ebrei. Nonostante la sala fosse gremita di sostenitori di Cromwell, la schiacciante maggioranza dei delegati, in massima parte preti, legali e mercanti, votò contro l’ingresso degli ebrei in Inghilterra. Nell’ottobre 1656 ai primi ebrei fu surrettiziamente permesso di entrare liberamente in Inghilterra, nonostante forti proteste registrate dal sottocomitato del Consiglio di Stato, che dichiarò che questi ebrei “sarebbero stati una grave minaccia per lo Stato e per la religione cristiana”.
I mercanti, senza eccezione, parlarono contro l’ammissione degli ebrei. Essi dichiararono che gli immigranti proposti sarebbero stati “moralmente pericolosi per lo Stato e che la loro ammissione avrebbe arricchito gli stranieri a spese degli inglesi” .
Cromwell morì il 3 settembre 1658, succeduto dal figlio, Richard, che governò per nove mesi.      Charles II (1660-1685), figlio del giustiziato Charles I, succedette al padre.
Nonostante egli fosse l’ultimo monarca inglese ad emettere banconote con pieno diritto, fece due errori fatali nell’esercizio del potere. Il 1° agosto 1663 approvò la legge eufemisticamente di sondaggio per l’incoraggiamento del commercio che permise l’”esportazione di tutte le monete straniere, lingotti d’oro o d’argento, liberi da interdizione, regolamentazione o imposte di qualsiasi genere”. Tre anni più tardi con la legge per l’ incoraggiamento della coniatura permise a privati, bancari ed orefici di coniare le monete del regno nella zecca reale e con ciò acquisire i considerevoli benefici del reddito del signoraggio per loro conto privato.
Il regno di suo fratello James II (1685-1688) durò appena tre anni. Egli fu vittima di opuscoli senza scrupoli e propaganda, provenienti in gran parte dall’ Olanda. Una spedizione militare condotta dal principe William d’Orange alla fine lo detronizzò. Benchè l’esercito di James fosse numericamente superiore, fu scoraggiato dall’attaccare dopo che John Churchill, primo duca di Marlborough, lo aveva improvvisamente abbandonato.
Secondo l’enciclopedia ebraica, Churchill ricevette uno stipendio annuale di 6.000 sterline dall’ebreo olandese Solomon Medina in pagamento della sua condotta traditrice.
La campagna militare di William d’Orange come quella dell’altro William il Conquistatore nel 1666 era stata finanziata da banchieri ebrei. In cambio del loro appoggio William III (1689-1702) avrebbe trasferito le prerogative reali di emettere la valuta dell’Inghilterra libera da debito ed interesse ad un consorzio conosciuto come “Governor and Company of the Bank of England.”
A.N. Field in “All these Things” riassume questi gravi momenti come segue: “Trentatre anni più tardi dopo che Cromwell aveva ammesso gli ebrei in Inghilterra, un principe olandese arrivò da Amsterdam circondato da uno sciame di ebrei di quel centro finanziario.
Estromettendo suo suocero dal regno, graziosamente accettò di ascendere al trono d’Inghilterra. Un risultato naturale che seguì questo evento fu la inaugurazione del debito nazionale in seguito alla fondazione della Banca d’Inghilterra allo scopo di prestare denaro alla Corona. L’Inghilterra aveva sempre pagato di tasca sua fino all’arrivo degli ebrei.
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Si aprì in quel momento il monte di pietà e la risultante situazione in cui si trova oggi non potrebbe essere descritta meglio delle parole che Shakespeare con visione profetica mette in bocca al morente John de Gaunt: “This blessed plot, this earth, this realm, this England … ./this land of such dear souls, this dear, dear land/Dear for her reputation through the world,/is now leas’d out, (I die pronouncing it,/like to a tenement, or :/or pelting farm/England, bound in with the triumphant sea,/Whose rocky shore beats back the envious siege/Of wat’y Neptune, is now bound in with shame,/with inky blots,and rotten parchment bonds: /That England, that was wont to conquer others,/Hath made a shameful conquest of itself.” (Richard II, Act 2, Scene 1).
La storia del secondo insediamento ebraico in Gran Bretagna è una lunga scia di obbligazioni di pergamena che incatenano la nazione al debito.     Ogni passo dell’ascesa ebraica negli affari della nazione è stato contrassegnato dall’aumento e moltiplicazione del debito.

LA BANCA D’INGHILTERRA

La necessità di una banca centrale privata fu affrontata da un pirata in pensione, William Paterson, quando scrisse un opuscolo nel 1693 intitolato “A Brief Account of the intended Bank of England”. Si sarebbe più avanti vantato che “questa banca avrebbe il beneficio dell’interesse sul denaro che egli avrebbe creato dal nulla”. Il 21 giugno 1694 si aprirono le liste di sottoscrizione della banca, che aveva un capitale di 1.200.000 sterline. Il seguente lunedì questa somma era stata interamente sottoscritta.
Lo scopo apparente della banca era di prestare al Re William somme illimitate all’8% annuo per permettere la prosecuzione della guerra, ed in particolare il conflitto contro Luigi XIV di Francia. La banca avrebbe quindi ricevuto dalla Corona interesse di 100.000 sterline all’anno, le ulteriori 4.000 sterline come imposta amministrativa.
La banca acquistò inoltre il diritto di emettere 1.200.000 sterline in banconote senza copertura aurea.
Prima degli elenchi, gli statuti della banca erano attentamente esaminati da Serjeant Levinz allo scopo di accertare che la banca si attenesse ai suoi scopi nascosti, cioè derubare perpetuamente il popolo inglese permettendo la creazione della moneta nazionale e mezzi di scambio dal nulla, con interessi.
Tutto questo denaro contraffatto era accompagnato da interesse composto.
Levinz era un ebreo di Amsterdam che praticava l’avvocatura.
Ci fu forte opposizione alla fondazione della banca. I più contrari erano gli orefici ed i prestatori di denaro, che a buona ragione temevano che essa avrebbe condotto al loro usuraio racket della riserva frazionaria bancaria fondata sulle loro ricevute di oro. I proprietari di case e la piccola nobiltà terriera temevano una scalata dei ratei di interesse poiché la banca avrebbe tenuto sotto controllo la circolazione monetaria della nazione.  C’erano affermazioni che la banca avrebbe favorito certi mercanti con bassi ratei di interesse. Il più grande timore era che la banca sarebbe cresciuta troppo potente e sarebbe divenuta la pietra angolare del commercio mondiale. Sfortunatamente è esattamente ciò che accadde, quando la Banca d’Inghilterra diventò il modello sul quale furono copiate le altre banche centrali.
A quell’epoca la Camera dei Comuni aveva 512 membri, di cui 243 Tories, 241 Whigs e 28 membri di cui non conosciamo l’orientamento. Circa due terzi dei membri erano gentiluomini di campagna e si crede che di 512 membri il 20% di essi fosse illetterato. La legge fu dibattuta nel luglio 1694, nel pieno dell’estate, quando la maggior parte dei membri rurali erano occupati negli affari della campagna e nella raccolta della produzione agricola.
In quel fatale venerdì 27 luglio 1694, quando fu concesso l’atto costitutivo, solo 42 membri erano presenti , tutti Whigs, poiché i Tories avversavano la legge (questo dimostra come fosse composto il quorum all’epoca), Il titolo della Legge non faceva menzione della proposta Banca d’Inghilterra, che è descritta solo, o meglio, secretata, con un inintelligibile linguaggio per i profani.
Le parole della Legge cominciavano come segue:”William and Mary by the grace of God, King and Queen of England, Scotland, France and Ireland, defenders of the faith, etc. To all for whom these presents shall come greetings. …” La terza frase, contenente 242 parole, comincia: “Whereas in and by a certain Act made in Parliament entitled an Act for granting to Their Majesties several rates and duties upon tonnage of ships and vessels, and upon beer, ale, and other liqueurs, for securing certain recompenses and advantages in the said Act mentioned, to such persons as shall voluntarily advance the sum of fifteen hundred thousands pounds towards carrying on the war it is amongst other things enacted….. .”
L’essenza dei primi due terzi della legge elenca la necessità di imporre un complicato insieme di nuove aliquote di tasse e imposte su navi, birra, liquori. Il vero motivo di queste tasse era la necessità di pagare gli interessi sui futuri prestiti governativi.  Poco dopo furono introdotte ulteriori tasse inclusi imposta fondiaria, tassa su carta da parati, testatico (imposta su ogni persona sopra i quindici anni, tassa sul sale, imposta di bollo, imposta sulle finestre, che rimpiazzava la tassa sul focolare o tassa sulla ciminiera. Altre tasse introdotte furono la tassa sui venditori ambulanti, tassa su carrozze di noleggio, tassa sulle nascite e sui matrimoni e funerali e per finire la tassa sugli scapoli.     Comunque, la più punitiva delle tasse introdotte fu l’imposta sull’entrata, riscossa al 20%. Fu applicata non solo sulle società, ma anche sugli individui.

GUERRA E SCHIAVITU’ DEL DEBITO
Da quel momento sarebbe emerso il disegno di preparare guerre non necessarie che avrebbero elevato istantaneamente il debito nazionale e i profitti degli usurai.
Significativamente, molte di queste guerre furono iniziate contro Paesi che avevano attuato sistemi di banche statali senza interesse, come fu il caso delle colonie nordamericane e Francia sotto Napoleone. Questo schema di attaccare ed imporre il sistema bancario dell’usura è stato largamente impiegato nell’era moderna e comprende la sconfitta della Russia imperiale nella I Guerra mondiale, Germania, Italia e Giappone nella Seconda, e recentemente Libia nel 2011. Questi erano Paesi che avevano sistemi bancari statali, che distribuivano la ricchezza prodotta su basi uguali e provvedevano ai loro popoli con una qualità di vita di gran lunga superiore a quella dei loro rivali e controparti.
Entro due anni dalla sua fondazione nel 1696 la Banca d’Inghilterra aveva un valore circolante in banconote di 1.750.000 con una riserva aurea solo del 2% o 36.000 sterline. Il 1 maggio 1707 si ebbe l’unione fra Inghilterra e Scozia, motivata in gran parte dalla necessità di assumere il controllo della zecca reale di Edimburgo, che ebbe luogo nel 1709.
Nel 1720 dopo la conclusione della Guerra di Successione spagnola (1701-1714) il debito nazionale era salito a 30 milioni di sterline con un costo della guerra stessa di 50.000.000 di sterline.
Dopo la guerra di indipendenza americana (1776-1883) che si combattè dopo che i colonialisti avevano obbligato i coloniali a rimpiazzare la loro valuta senza debito con moneta inglese, il che risultò in una disoccupazione del 50% ed il debito nazionale schizzò a 176 milioni di sterline.
Nel 1786 il Primo MinistroWiliam Pitt il Giovane cercò di abolire il debito nazionale con un accantonamento periodico che generò interessi di 1 milione di sterline l’anno per pagare il debito. Questo schema fu presto abbandonato per l’enorme aumento riscontrato per finanziare la guerra contro Napoleone. Nel 1797 allo scopo di pagare il peso crescente dell’interesse si dovette introdurre una graduale tassa sull’entrata.
La guerra contro Napoleone durò dal 1792 al 1815. Fra i principali obbiettivi di questo sanguinoso conflitto c’era la distruzione del sistema finanziario napoleonico senza debito e senza interessi.
Il 18 gennaio 1800 Napoleone fondò la Banque de France come banca di Stato. Poichè Napoleone detestava i banchieri si autonominò Governatore della banca ed anche Ministro del Tesoro. Durante questo periodo l’Inghilterra intraprese una guerra contro gli Stati Uniti dal 1812 al 1814. Questa guerra fu fomentata dalla Gran Bretagna dopo che il Congresso degli Stati Uniti rifiutò di rinnovare la carta della banca degli Stati Uniti di proprietà straniera, che era stata la banca centrale americana dal 1791 al 1811.
Nel 1815 il debito nazionale era ingigantito a 885 milioni di sterline. Questa guerra inutile e non vincibile che ebbe il risultato di tre milioni di morti fra il personale militare ed almeno un milione di civili, costò 831 milioni di sterline, di cui più di 2,5 miliardi di sterline erano ancora in sospeso nel 1914.

Il capitale di 504 milioni di sterline aumentò di cinque volte per gli interessi composti.
Un astuto agrario e parlamentare, William Cobbett (1763-1835) percepì che cosa stava succedendo, e scrisse quanto segue: “I set to read the Act of Parliament by which the Bank of England was created. The investors knew what they were about . . . lands . . . houses . . . property . . . labour. The scheme has produced what the world never saw before: starvation in the midst of abundance.
Gli affari della Banca d’Inghilterra restarono segreti, e non fu prima del 1833, 139 anni più tardi, che una versione edulcorata fu presentata in Parlamento mediante la Legge del 1833.
Nel 1800 un deputato, Sir William Pultney, propose la formazione di una banca nazionale dopo avere sferrato “vigorosi attacchi” contro la banca. Nel 1924 un altro membro del Parlamento, David Ricardo, presentò un piano dettagliato per convertire la Banca d’Inghilterra in Banca Nazionale. Entrambi i tentativi fallirono.
All’inizio della Prima G.M. nel 1914, il debito nazionale inglese stava a 650 milioni di sterline.   Il 31 marzo 1919 era aumentato a 7.434 miliardi di sterline, di cui 3 miliardi sono ancora in sospeso dopo 94 anni con lo sconto del 3,5% l’anno. Nella Seconda G.M. il debito nazionale salì di circa il 200%, da 7,1 miliardi nel 1939 a 20,1 miliardi nel 1945.
Attualmente si aggira a quasi 1,2 trilioni di sterline.

CONCLUSIONE

Per oltre 300 anni l’Inghilterra è stata trascinata nella schiavitù da una cricca di banchieri internazionali senza scrupoli, il cui impero parassitario minaccia l’esistenza di questa nazione-isola.
L’orgoglioso popolo di piccoli proprietari terrieri e contadini di una volta, per ignoranza ed indifferenza, è diventato un crogiolo multiculturale di schiavi del debito nazionale. A meno che i suoi cittadini autentici non si assumano la responsabilità di familiarizzare con la vera natura del loro problema, sono destinati entro poche generazioni ad irreversibile schiavizzazione e distruzione genetica.
Stepehn Goodson



Note finali:


Le note finali sono troppo lunghe da tradurre. Consigliamo di consultare il testo originale
Note sull’Autore:


Stephen Goodson è il capo del partito “Abolition of Income Tax and Usury Party” in Sudafrica. Ha studiato economia e giurisprudenza alla Stellenbosch University e all’ Università di Ghent.
Per 15 anni ha gestito investimenti di portafoglio in varie istituzioni finanziarie. E’ attualmente un direttore della South African Reserve Bank.

Tratto da “The Barnes Review” vol XVIII n.5 set/ott 2012

Tradotto da Alfio Faro

Fonte:   www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=17542

martedì 5 marzo 2013

Piano piano la verità sullo stragismo viene fuori


di Maurizio Barozzi

L’ex magistrato Ferdinando Imposimato, Presidente onorario aggiunto della Suprema Corte di Cassazione, nel suo recente libro: "La repubblica delle stragi impunite", Newton Compton editori 2012, ha affermato che dietro le strategie stragiste in Italia  c’era il gruppo Bilderberg.
In sostanza Imposimato sostiene più o meno  che “Ormai sappiamo tutto  della strategia del terrore, che fu attuata dalla struttura Gladio (Stay Behind) in supporto ai servizi segreti (non deviati) italiani. La strategia serviva per scoraggiare lo spostamento a sinistra  ed era orchestrata dalla Cia”.
Una tesi questa molto importante, ribadita da un personaggio autorevole e informato e che può ritenersi esatta ma, espressa e generalizzata in quel modo, come vedremo, risulta in parte fuorviante per la comprensione complessiva di circa 20 anni di stragismo.
L’ex magistrato scrive anche, in questo suo libro sulle stragi impunite, una ovvia, considerazione: "Vorrei porre in evidenza fin da subito, che i terroristi, i servizi, gli apparati, i mafiosi e a un livello più alto i massoni sono stati solo esecutori di ordini provenienti da altre entità, assolutamente insospettabili".
Ne esce quindi fuori un quadro  complessivo in cui abbiamo uno Stato pregno di rapporti inquinati tra Istituzioni e mafia, politica e servizi segreti (Gladio, P2, Sisde, Cia), estremisti di ogni colore che non si sa bene a che gioco giocano e una magistratura che tutto fa meno che ristabilire la verità, senza trascurare il ruolo degli USA e della Chiesa vaticana. Il tutto sotto l’oscura regia del gruppo Bilderberg (quindi, del mondialismo, n.d.r.).[i]
Da tutto questo possiamo già trarre alcune conclusioni:
Primo: la conferma, anche se non viene detto esplicitamente,  che non esistono “Servizi deviati”, ma solo Servizi che eseguono ordini da uno Stato il quale, anche per la sua subordinazione militare al sistema Atlantico, ne subisce le influenze. E in questo Stato, in qualche modo, oltre ai Servizi, c’è di tutto, anche Mafia, organizzazioni politiche tendenti al terrorismo, logge massoniche, ecc., cioè inquinamenti e collusioni, come hanno dimostrato anni di indagini, processi, confessioni, ecc.
Secondo: la conferma di una strategia stragista i cui disegni e fili erano tenuti da forze atlantiche, occidentali o mondialiste che dir si voglia (il Bilderberg). Imposimato, inoltre, fa un tutt’uno tra Gladio, terroristi “neri”, mafie, massoneria, ecc., manovrati dalla Cia. Praticamente tutto quello che abbiamo sempre sostenuto noi che in più però individuavamo una ambivalenza, una duplicità dello stragismo.
Terzoun quadro d’insieme di tutti gli avvenimenti di quel periodo nel quale noi,  fermo restando le stragi “false flag” da accollare ai “rossi” e agli anarchici degli ani ’60 (compresa la “madre di tutte le stragi, ovvero Piazza Fontana) finalizzate a bloccare ogni dinamica politica nel nostro paese che avesse potuto portare a spostamenti sensibili nelle compagini governative (per esempio a formule di centro sinistra molto più ardite) successivamente, dagli anni ’70 in poi, riteniamo che il terrorismo, nel suo complesso, è stato viceversa funzionale a spostare tutta la società italiana verso una cultura e una ristrutturazione del paese in senso modernista e progressista (come accennato però, qui Imposimato, più che altro, affermerebbe il contrario ovvero la vecchia presunzione che lo stragismo, tintosi di “nero”, era sempre finalizzato a bloccare spostamenti a sinistra, una tesi però, se per “sinistra” non si intende propriamente l’aspetto politico governativo, ma quello culturale e sociale, smentita dalla evoluzione degli eventi politici verificatisi in Italia fino ad oggi). E questa “funzionalità” dello stragismo degli anni ’70 / ’80,  verso tale trasformazione, o meglio “ammodernamento” del paese, come vedremo, non può essere stata casuale.
Ma ancor più le tesi di Imposimato confermano  anche quello che sostiene Vincenzo Vinciguerra (volontariamente tombatosi nelle carceri di stato, rifiutando ogni agevolazione, permesso o sconti di pena, proprio per dare una autorevolezza alle sue denuncie non da pentito o da dissociato) circa le complicità alle strategie d’oltreoceano  atte a “destabilizzare al fine di stabilizzare” la posizione del nostro paese nell’ambito atlantico [ii].
Ci preme però qui precisare che quei “neri”, quei terroristi di “destra”, accennati da Imposimato, sono una generalizzazione, una semplificazione di un immaginario collettivo che dal dopoguerra in avanti, causa ex propaganda di guerra e complicità di farabutti vari spacciatisi per “fascisti”, oltre  all’opera nefasta del Msi, hanno contribuito a disegnare un fascismo e dei “fascisti” che di “nero” hanno ben poco, essendo l’emblema del destrismo, del conservatorismo, del filo atlantismo. Ergo, la negazione del fascismo quale fenomeno storico realizzatore di avanzate riforme socialiste (RSI), difensore dell’indipendenza nazionale e tenace assertore di una politica di Stato dove gli aspetti etici e politici predominano su quelli economici e finanziari!
Parliamoci chiaro, stiamo parlando di “neofascisti”, di persone, di attivisti,  strumentalizzati e collusi con i nostri Servizi militari e civili se non addirittura direttamente con quelli atlantici, che hanno deambulato nei movimenti del cosiddetto neofascismo dal dopoguerra in avanti.
Quindi questi personaggi sono cresciuti a “saluti romani” e “viva il Duce” oltre a praticare un linguaggio dalle mille sfaccettature che vanno da un certo “tradizionalismo”, a idee di destra conservatrice o anche pseudo nazionalrivoluzionarie, da una esaltazione della storia del fascismo e del nazionalsocialismo, ecc., ma tutto questo non consente di definirli fascisti.
Contano gli atti, conta la politica praticata negli anni, anche se resta ancora tutto da stabilire il vero ruolo avuto da questi “neofascisti” nella strategia della tensione, visto che non possiamo di certo fidarci dei teoremi di una magistratura che ha dimostrato di perseguire strade ben lontane dal fare chiarezza.
E’ indubbio però che gli atti e la politica praticata negli anni dai “neofascisti, a nostro avviso, nulla hanno a che vedere con il fascismo e certi “intruppamenti” sono sotto gli occhi di tutti.[iii]
Non è un caso che ex combattenti della RSI, quelli per esempio della Federazione Nazionale Combattenti RSI, hanno da sempre denunciato certe collusioni e del pari hanno da sempre condannato il destrismo del Msi e di certi gruppi extra. [iv]
Sappiamo che questo è un discorso duro e crudo, difficile da far accettare a tanti camerati in buona fede che nel corso della loro esistenza hanno avuto modo di conoscere e praticare certi personaggi. La politica è anche un fatto emotivo, di relazioni umane, di solidarietà, amicizie e resta quindi difficile voler credere a quello che non si vorrebbe credere. Ma le cose stanno così e non è certo colpa nostra.[v]
Per tornare a Imposimato, noi che siamo sempre alquanto circospetti e diffidenti su uomini e personaggi che pur sempre escono dal “Sistema”, dobbiamo però dargli il merito di aver apportato un enorme contributo su varie questioni dubbie, se non platealmente mistificate, vedi per esempio, alla decodificazione di quegli infami “auto attentati” dell’11 Settembre in America. 
Arg0mentazioni le sue che in questo caso, chiamando in causa la Cia per le stragi in Italia, in particolare Piazza Fontana, cosa che per altro aveva anche fatto il generale Gianadelio Maletti, numero due del Sid in una famosa intervista concessa pochi anni addietro in Sud Africa, sono decisamente scomode per il Sistema.
Di Imposimato, inoltre, non dobbiamo dimenticare che, anni addietro, assieme al giudice Rosario Priore, fece un sopralluogo nelle strade del ghetto ebraico di Roma, portandosi dietro Elfino Mortati (considerato vicino agli ambienti toscani delle BR e coinvolto nelle attività di “Lotta armata per il comunismo”)il quale aveva rivelato esservi in quei luoghi un covo delle BR di cui non ricordava l’esatta ubicazione.
Certe indagini già avevano portato a identificare una base brigatista nella zona del ghetto in via Sant’Elena, a suo tempo abitata dai coniugi Raffaele De Cosa e Laura di Nola e quest’ultima, extraparlamentare di sinistra e figlia di un commerciante israelita, emerse come collegata con l’Intelligence israeliano. 
Insomma c’era molta carne al fuoco per arrivare ad una prigione in cui forse negli ultimi giorni poteva essere stato detenuto Aldo Moro, una prigione nel ghetto a cui aveva fatto cenno anche il giornalista Pecorelli, come noto, informato da amicizie nei Servizi.  Ma già il giorno dopo di quel sopralluogo, ai due giudici venne recapitata una foto che li ritraeva con tutto il gruppo d’accompagno durante quella ispezione per le strade del ghetto. Era facile capire che si era in presenza di una intimidazione per far desistere da ulteriori indagini in quella direzione. E così fu.[vi]
Insomma, Imposimato è uno che “sa” o comunque ha tutte le conoscenze per contribuire a ristabilire la verità su venti anni di stragi.

Chiarezza sulla strategia della tensione in Italia

Riassumendo adesso il periodo stragista non vogliamo propriamente entrare nello specifico di ogni episodio o situazione criminosa, ma constatare come la analisi complessiva di quei fatti fa comunque emergere una “discrasia” tra un primo periodo stragista che  culmina con le bombe, falsamente colorate di “anarchia”  di Piazza Fontana e il Golpe Borghese (1970) e quello successivo che, a partire dal 1971 vede gradualmente la destra finire sul banco degli accusati e successivamente si inaugurarono gli attentati che vengono fatti passare per “bombe nere”.
In tal modo vogliamo fornire alcune indicazioni che cercano di spiegare, da un punto di vista generale, quanto è a suo tempo accaduto in Italia.
Daremo anche, nelle note a supporto delle nostre tesi, riferimenti per alcuni testi presenti nella letteratura inerente questo argomento, testi importanti per i dati e le informazioni che riferiscono, anche se vanno sempre verificate in qualche modo, e con l’avvertenza di prenderli con una certa cautela, cercando di sfrondarli da quanto può essere stato riportato dietro un ottica di parte.
Diciamo che le nostre considerazioni sono espresse da un punto di vista generale, perchè nella Storia, il succedersi di certi avvenimenti segue sempre dinamiche, eccezioni imprevedibili e cause e concause che li determino e non è quindi sempre possibile risalire alle esatte motivazioni da cui sono scaturiti i singoli episodi, ma in ogni caso a noi interessa il filo logico, la trama strategica che “qualcuno” ha pur messo in atto ovvero ha alimentato nel tempo  per conseguire certi risultati.
E questo filo logico, questa trama strategica non sono arbitrari o campati in aria, ma sono oltretutto dimostrati dal semplice “cui prodest”, dove non è difficile capire a chi hanno fatto comodo e quali cambiamenti hanno apportato queste due distinte “fasi stragiste” nel nostro paese.
Dunque, partiamo innanzi tutto da un dato di fatto incontrovertibile: l’Italia dal 1945 e fino a tutt’oggi, è stata privata di ogni sua sovranità e indipendenza ed è diventata un paese colonizzato dagli Stati Uniti d’America che l’avevano militarmente occupato con la guerra e riuscirono poi in pochissimo tempo, anche in virtù di un accordo con il Vaticano, a sottrarlo alla atavica influenza britannica[vii]
In breve, il nostro paese, è stato omologato al sistema liberista occidentale e al sistema finanziario internazionale dominato da un gruppo di famiglie dell’Alta Finanza: subito dopo l’Italia è stata inserita nell’Alleanza Atlantica e quindi le nostre strutture militari, compresi i Servizi segreti, ricostruiti sotto l’egida statunitense ed utilizzando in massima parte uomini recuperati dal passato regime, tramite diktat, accordi e protocolli, anche segreti, sono stati subordinati agli alti comandi Nato. E da allora non ne siamo più usciti fuori.
Per avere un idea di massima della nostra subordinazione complessiva al sistema Atlantico basta leggere quanto scrisse il 20 giugno 1974 su Il Mondo Riccardo Lombardi:  <<In base agli accordi Nato, il Sid è tenuto a passare notizie e ricevere istruzioni da una centrale apposita della Cia che dipende direttamente dalla presidenza della Repubblica (...) Analoghi collegamenti vengono mantenuti con organismi dei paesi comunitari, particolarmente per tramite delle Divisione affari riservati>>.
Un situazione peggiore della stessa Francia, pur nominalmente non uscita sconfitta dalla guerra, ma per la quale De Gaulle nel 1966, al momento di far uscire il suo paese dal comando integrato della Nato, ebbe a denunciare l’esistenza diprotocolli segreti che ledevano la sovranità della nazione. [viii]
Per comprendere a pieno il periodo storico che stiamo considerando si può anche partire dall’ importante Dossier, seppur di parte, “Stragi e terrorismo in Italia dal dopoguerra al 1974” della Commissione parlamentare d’inchiesta DS presieduta dal Sen. Giovanni Pellegrino, a patto che poi lo si integri, come cercheremo di fare appresso,  con altre valutazioni che scaturiscono dalla particolare situazione internazionale creata dagli accordi di Jalta. Il Dossier sulle Stragi, nel considerare gli avvenimenti che hanno  reso possibile la strategia stragista in Italia, si apre  con queste parole:
<<E’ difficile individuare una data precisa alla quale far risalire l’origine della c.d. strategia della tensione. Sicuramente, questa data è molto più lontana di quanto non lo siano gli avvenimenti oggetto di questa relazione, la vera e propria strategia della tensione, con le stragi e gli omicidi quale elemento portante, e le congiure e i depistaggi anche ad opera da apparati dello Stato, come corollario. Si vedrà, più oltre, che per certi versi il rapporto può essere rovesciato, essendo la parte operativa solo l’estrinsecazione di un ben più raffinato disegno.
Di certo, è necessario tornare indietro di molti anni, di decenni, quando con la fine della seconda guerra mondiale inizia lo scontro tra i due blocchi. L’Italia è per buona parte di questo periodo in prima fila come territorio di confine, un vero e proprio “laboratorio” nel quale sperimentare le diverse strategie che Stati Uniti e, diversamente, Unione Sovietica applicheranno poi su scala planetaria. Un laboratorio nel quale sono cresciuti elementi che vedremo poi “lavorare” in diversi paesi, con i medesimi mezzi e, soprattutto, con i medesimi fini. Ed è difficile non vedere una regia unica – per quanto articolata – negli episodi che in Occidente, dall’Europa al Sud America, hanno segnato questi 50 anni di dopoguerra>>.
Ed ancora la stessa relazione Pellegrino alla Commissione stragi del parlamento aveva fatto una premessa storica:
<<Il quadro internazionale più volte richiamato, che si determinò già nella fase finale del secondo conflitto mondiale e venne a consolidarsi nei decenni successivi, è così noto da non meritare forse troppa ampia esplicitazione.
Sicché è solo compiutezza espositiva che induce a rammentare, sia pure in termini di dovuta  sommarietà, come il 12 marzo 1947 il Presidente degli Stati Uniti, Harry Truman, di fronte al forte espansionismo sovietico nell'Europa orientale, pronunciò dinanzi al Congresso il celebre discorso che sarebbe stato ricordato come l'enunciazione della dottrina che porterà il suo nome. In base ad essa gli Stati Uniti si facevano carico di proteggere militarmente qualsiasi zona del mondo fosse stata minacciata da eserciti di paesi comunisti e da forme di guerriglia comunque appoggiate da paesi di area comunista. Una enunciazione programmatica, che informò di sé tutta la politica statunitense del successivo quarantennio>>.

JALTA E LA SPARTIZIONE DELL’EUROPA

Preso atto di quanto sopra esposto, bisogna però tenere presente che la divisione dell’Europa in due sfere di influenza Est - Ovest, stabilita a Jalta, scaturiva da un accordo strategico e globale tra le due grandi potenze USA - URSS, perchè quella divisione garantiva la colonizzazione di tutto il continente e soprattutto la spartizione di Stati, governi, partiti, circoli culturali e quant’altro in due schieramenti politicamente e culturalmente contrapposti, ma segretamente cooperanti tra loro, in modo che non si verificasse, con il tempo,  alcun impulso di indipendenza nazionale e restasse garantita quella “divisione” e sottomissione delle nazioni  europee.[ix]
Si era, infatti, in presenza di una segreta, ma implicita “c0esistanza pacifica” Usa / Urss quale modus operandi di Sovietici e Americani, i quali però sul piano tattico, come le inevitabili dinamiche storiche impongono, si facevano anche una spietata guerra tra loro. La guerra fredda, infatti, era un diversivo tattico ed una necessità del momento atta a controllare le naturali spinte geopolitiche che potevano far divergere gli Usa o i Sovietici o le nazioni, così assoggettate, dagli accordi e dall’ inquadramento deciso a Jalta.
Per quanto sottilmente cruento, con dispiegamento a tutto campo delle opposte Intelligence, questo scontro tra “Mondo libero” e “Oltrecortina”, non presentava però alcuna volontà di sottrarre una nazione all’area di subordinazione in cui era stata destinata da Jalta, ed infatti in tutti i 40 anni in cui ha perdurato Jalta, mai una sola Nazione è passata nel campo avverso.
Questo per precisare che il confronto “Est - Ovest”, con tutti i suoi “Comitati Civici”, la contrapposizione comunismo – anticomunismo, ecc., era solo un confronto tattico e quindi quanti da noi, simpatizzando per gli Usa, credevano di voler salvare l’Italia dai cavalli dei Cosacchi che potevano venire ad abbeverare nella piazza di S. Pietro, erano degli illusi o in malafede.
Lo scopo della contrapposizione al comunismo, alquanto sensibile nella cattolica Italia, istigato e foraggiato dagli occidentali, in un paese che vantava il più forte partito comunista d’Europa, non era tanto quello di impedire che i comunisti, giungendo al potere, potessero travasare l’Italia dalla Nato nel Patto di Varsavia, cosa che Togliatti o Longo non avrebbero mai fatto: intanto perchè la scelta del Pci di una via democratica al potere, sancita a Salerno nel 1944, era di carattere strategico con tutte le conseguenze e “imborghesimento” per la loro struttura di partito e di base, e poi anche perchè i Sovietici non avrebbero mai accettato questo “regalo” mettendo in crisi i loro rapporti essenziali con gli americani.
Nè i Sovietici, infatti, sostennero la guerriglia comunista in Grecia o si erano opposti al Golpe dei Colonnelli sempre in Grecia, area Atlantica, così come gli americani non mossero un dito per l’Ungheria e la Cecoslovacchia. Gli accordi strategici di Jalta erano sacri perchè di reciproco interesse.
Da tutto questo si deduce, come è stato fatto notare da attenti storici, che le strategie segrete occidentali Stay Behind che in Europa, nell’area occidentale, avevano portato anche alla costituzione di cellule paramilitari segrete (per esempio Gladio), solo superficialmente o ad uso propagandistico interno erano finalizzate a difendere il paese da una eventuale, ed improbabile invasione Sovietica, perchè in realtà quelle “strutture segrete” erano in essere per tenere soggiogate agli statunitensi le nazioni assoggettate utilizzando e tenendo sotto controllo tutte le strutture militari del paese e anche apparati civili all’uopo strumentalizzati (in Italia è il caso di Ordine Nuovo, una organizzazione, che all’insaputa dei propri seguaci in buona fede e anche alla maggioranza dei suoi dirigenti, di fatto era un “diversivo strategico” del nostro Stato Maggiore, al fine di utilizzare propagandisticamente e, all’occorrenza, in senso paramilitare, personale civile).
Le cellule Gladio,  in qualche modo, le troviamo attive durante il periodo di quella “guerra non ortodossa”, di basso profilo, ma alquanto cruenta, che tanto sangue ha finito per spargere  in Italia e la cui matrice non può che essere  “Atlantica”.[x]
Scrive giustamente Imposimato: <<Il nostro paese, nella spartizione a Jalta, divenne una specie di colonia americana, una nazione a sovranità limitata a causa dell’interferenza d’oltreoceano>. Ed aggiunge ancora, in altra parte dello stesso testo: <<...chi ha inciso sulla nostra democrazia è stato un soggetto occulto Stay Behind Gladio, evocato spesso a sproposito e ancor più di frequente ignorato nei dibattiti storici. (...)  Stay Behind a sua volta dipendeva dalla Cia e gestiva il Sifar, con cui aveva stipulato un accordo occulto, poi proseguito con il Sid e il Sismi. Ma Cia e Sifar non erano in posizione di eguaglianza istituzionale. Tutte le iniziative dell’agenzia americana, infatti erano approvate e conosciute dal governo americano tramite l’ambasciatore americano a Roma>>[xi]
Dovremo così parlare di una lunga stagione stragista, perdurata per quasi 20 anni che, come vedremo, dobbiamo però suddividere in DUE FASI, tra loro sostanzialmente diverse, due fasi in cui gli stessi burattinai ispirarono gli attentati, ma non con gli stessi scopi di fondo.

La “guerra non ortodossa”

Cosicché noi sappiamo che i colonizzatori statunitensi, per garantirsi la loro egemonia nelle nazioni assoggettate, tramite queste strategie stay behind, avevano in riserbo anche una specie di guerra di basso profilo, segreta, con il compito di assassinare quando il caso, personalità di rango, portatori di politiche o iniziative “autonomiste”, e in generale di destabilizzare, quando opportuno, il quadro politico e sociale e dell’ordine pubblico di queste nazioni, con il fine di frenare e controllare adeguatamente le dinamiche e le eventuali spinte geopolitiche centrifughe.
Da sempre, infatti, in Italia, quando il caso, si è proceduto ad operazioni di politica criminala: un esempio ne è Portella della Ginestra, 1947 in Sicilia, dove si giocavano le strategie future di dominio americano per il controllo del nostro paese in sostituzione di quello britannico, ed un altro esempio è l’omicidio di Enrico Mattei nel 1962, un uomo che con le sue iniziative destabilizzava il quadro internazionale e metteva in crisi gli interessi del cartello petrolifero delle “sette sorelle”.
Aldo Moro, alcuni anni dopo (1978), sarà un altro esempio di queste “esecuzioni mirate” verso chiunque intendeva praticare scelte internazionali in senso autonomista o volesse precorre i tempi circa una utilizzazione politica di un PCI oltretutto non ancora completamente “occidentalizzato”.
Può considerarsi quindi sostanzialmente esatto quanto scrisse il magistrato Guido Salvini nell’allegato 4 alla sentenza – ordinanza del 18 marzo 1995, nell’ultima istruttoria su Piazza Fontana: <<la strategia della tensione non nasce alla fine degli anni ’60, ma ai loro inizi con la riunione di Berna e l’accordo di tutti i servizi segreti occidentali>>.
Nello specifico, invece, negli anni ’60, una determinata contingenza internazionale, spinse, gli strateghi occidentali a dare inizio ad una specie di “guerra non ortodossa”, una serie di episodi violenti e incontrollabili ovvero una “strategia della tensione” che, prolungatasi nel tempo, andò avanti anche da sè e non fu poi più possibile frenare, anzi venne alimentata per perseguire altri fini.
Ma se gli scopi della strategia della tensione, non erano sempre quelli o soprattutto quelli, di boicottare il Pci, quale erano allora i suoi oscuri fini?
La risposta è semplice: la finalità della “guerra non ortodossa” era, di norma, quella di destabilizzare l’ordine pubblico, attraverso il creare o agevolare situazioni violente (piazze, Università e fabbriche sopratutto) a cui aggiungere un crescendo di bombe per spaventare l’opinione pubblica.
Questa strategia aveva come tattica operativa quella delle “strategie Chaos”, un altra perla statunitense, già sperimentata sul suolo americano, e che consisteva nel causare violenze di ogni genere, nell’infiltrare i gruppi politici e nel truccare gli attentati con delle false flag (per altri versi, questa strategia, contemplava anche la diffusione delle droghe pesanti nella gioventù).[xii]
Lo scopo evidente della “guerra non ortodossa” era quello di “ingessare” i governi, le iniziative politiche, di qualunque colore potessero essere, se erano portatrici di impulsi autonomistici o divergenti dalla grande politica dettata a Washington.
Ora si da il caso che in Italia si renderà necessario il dispiegamento della “guerra non ortodossa” in prossimità della preventivata “guerra dei sei giorni” (giugno 1967), laddove la violenta espansione, anche territoriale, di Israele avrebbe provocato una grave crisi internazionale e soprattutto posto l’area mediterranea sotto pressione.
I Sovietici infatti, sarebbero stati chiamati a recitare un loro ruolo, seppur segretamente non totalmente avverso all’Occidente (in virtù della tacita “coesistenza pacifica”), ma comunque sia, un ruolo obbligato e preposto militarmente a tenere in piedi gli Stati arabi aggrediti e questo li avrebbe indotti a inviare  mezzi e uomini in medioriente e navi nel mediterraneo. Si sarebbero messe in moto situazioni e dinamiche che avrebbero potuto diventare incontrollabili. Oltretutto, ad eccezione della Romania, tutti i paesi dell’area comunista dovettero rompere le relazioni con Israele.
Tutta l’Europa del Sud sarebbe entrata, come infatti entrò, in subbuglio, in uno stato di delicatissima crisi militare, soprattutto nel mediterraneo, crisi che sarebbe perdurata per alcuni anni.
Una situazione questa ben conosciuta, ma che i cronisti e saggisti di quelle vicende, tendono sempre ad ignorare. Venne invece riassunta, con perfetto intuito, da Vincenzo Vinciguerra, di cui si citano molte sue indicazioni e considerazioni, ma si tende a sorvolare su questa:  
<<La “guerra dei sei giorni”, nel giugno del 1967, che spinge i paesi del blocco comunista a rompere le relazioni diplomatiche con Israele, contro il quale si schiera anche la Francia di De Gaulle, fa precipitare la situazione.
In Italia, è nominato capo di Stato maggiore dell’Arma dei carabinieri il colonnello Arnaldo Ferrara, comandante della Legione Lazio, fratello di un parlamentare repubblicano, di discendenza israelita.[xiii]  Resterà per dieci anni al suo posto, a garanzia di Israele e della Nato, durante i quali i carabinieri saranno coinvolti in prima persona in quella che è stata definita la “strategia della tensione”, ovvero la destabilizzazione dell’ordine pubblico per stabilizzare l’ordine politico.  Mentre si moltiplicano i gruppi di estrema sinistra, la destra inizia a prepararsi al “colpo di Stato” che, a suo dire, faranno i “corpi sani” dello Stato, militari e carabinieri.
Più aumenta l’afflusso di navi militari sovietiche nel Mediterraneo, più cresce il numero dei “consiglieri” sovietici in Egitto e s’intensifica il confronto militare nel Sinai con gli israeliani, più cresce la tensione in Italia>>.[xiv]
Il problema impellente per gli Usa era quindi quello di tenere, per tutto quel delicato periodo, fermamente stabili e fedeli alcuni paesi, specialmente la Grecia e l’Italia, paesi considerati  strategici, ma a rischio, nel sistema Nato.
E questo soprattutto dopo che lo “strappo” di De Gaulle  che aveva fatto uscire la Francia dal comando militare integrato dell’Alleanza Atlantica (1966) avrebbe potuto portare a sviluppi e novità devastanti per l’Alleanza.
In Grecia, dove le imminenti elezioni della primavera del 1967 potevano portare ad una vittoria delle sinistre, accentuando le spinte anti atlantiche, fu necessario un Golpe, eseguito dai “colonnelli” dietro le direttive della Cia, in Italia invece, paese più evoluto, questo non era necessario, così come in Francia, paesi dove, in alternativa, si diede il via appunto alla “guerra non ortodossa” di basso profilo (emblematico è in questo senso il ruolo giocato da quel Yves Guillou, alias Yves Guerin Serac  e la sua Aginter Presse, manovrata dalla CIA che, grazie alla tattica delle infiltrazioni e delle false flag, riuscirono a trasformare il disagio, le proteste e l’ondata generazionale della Contestazione del mondo giovanile, studentesco e sindacale, in scontri violenti, agitazioni e scioperi di intensità tale che, per controllarli, fu a De Gaulle necessario chiedere l’ausilio dei militari. E questa fu la fine della sua autonomia politica e subito poco dopo della sua esperienza storica).[xv]
Mentre in Francia, dove l’obiettivo da raggiungere era la sola caduta di De Gaulle, fu sufficiente il dispiegarsi di uno stato di agitazioni studentesche e sindacali, trasformate in scontri violenti da appositi “agitatori, viceversa in Italia, area geografica ancor più delicata, fu evidentemente ritenuto necessario attuare un crescendo di violenze e soprattutto di attentati bombaroli, tutti dietro false flag (“strategia della tensione”) atti a destabilizzare il quadro politico e sociale e impedire ai governi dell’epoca di centro sinistra, oltretutto in perenne crisi (anche queste crisi erano provocate a suon di dollari e il Psdi, noto partito “americano”, ne era uno dei più attivi e il Psi uno dei più sensibili) di compiere qualche “scherzetto”, qualche iniziativa autonomista, tipo quella a suo tempo messa in atto da Mattei.
Non a caso l’Italia, nel 1969 / ’70, nel tentativo di procacciarsi un minimo di indipendenza energetica,  aveva appoggiato, sotto banco,  il golpe di Gheddafi in Libia,  un modo per rientrare dalla finestra nelle aree per noi vitali del petrolio della “quarta sponda”, dopo che gli anglo americani fossero stati cacciati via dal colonnello libico, cosa questa che non era sfuggita ai britannici i quali ci giurarono di renderci la pariglia.[xvi]
Insomma, attraverso violenze e bombe si destabilizzava il quadro politico, si terrorizzava la popolazione e ci si garantiva l’immobilismo dei nostri governi,[xvii] il “contenimento” di un Pci ancora non occidentalizzato (lo sarà progressivamente, a partire dal 1972 in avanti, grazie al clan dei Berlinguer, facoltosa famiglia sarda, legata con altri clan e noti politici del luogo, a volte apparentati da matrimoni endogamici, alle intelligence occidentali fin dai tempi della guerra). In pratica ci si assicurava la stabilità della nostra collocazione atlantica in un momento di particolare e grave crisi internazionale.
Questo, in quel periodo, lo scopo principale di quella prima fase della “strategia della tensione” e vale la pena sottolineare come sia profondamente errata e assurda l’analisi delle sinistre marxiste che individuavano nella “strategia della tensione” l’intento del capitalismo di contenere e poi soggiogare le naturali spinte di emancipazione e richieste di adeguamenti salariali che nella seconda parte degli anni ’60 furono molto forti e diffuse su tutto il territorio.
In realtà in quel periodo il grande capitalismo nazionale e con sinergie estere anelava una sua via di espansione e si stava razionalizzando cercando anche la collaborazione dei sindacati, se non addirittura del Pci, tanto che prese corpo quella forma cosiddetta di “capitalismo illuminato”, aperto al dialogo con il Pci e i sindacati,  mentre la piccola e media industria, culturalmente conservatrice e con minori possibilità di procedere in questa “emancipazione” e ristrutturazioni aziendali, faceva forti resistenze. Ma tutto questo subbuglio, che pur generò i famosi “scioperi selvaggi”, le analisi degli intellettuali della sinistra antagonista preoccupata per le possibili “collusioni” con il padronato e la fine della lotta di classe e poi portò anche al varo della Legge 300, lo Statuto dei Lavoratori, ebbe un ruolo marginale nelle vicende stragiste se non quello che, appunto, questo stato di agitazioni, come quelle alle Università, o la cosiddetta Contestazione, ecc., fenomeni generazionali, causati dalla crisi della cultura borghese e dalla inaffidabilità dei vecchi partiti e sindacati, tornavano comode a chi aveva interesse a incrudelire e perpetuare la “strategia della tensione.

Il “neofascismo” destrista

Il mezzo più immediato e diretto con cui gli americani, attraverso le loro strutture stay behind e l’ausilio di immancabili consorterie massoniche,  potevano mettere in atto strategie destabilizzanti, era quello di utilizzare anche certi ambienti “neofascisti” (uso qui, impropriamente e tra virgolette, questo termine, perchè sappiamo bene che il “neofascismo” post bellico era tutto meno che fascismo, o comunque bisognerebbe prima stabilire cosa si intende per fascismo e di certo quello mostrato dal “neofascismo” è affatto diverso dal fascismo repubblicano della RSI).[xviii]
Anche dalla desecretazione di documenti statunitensi, oggi sappiamo quello che comunque anche prima si capiva benissimo, ovvero che alcuni dei dirigenti di organizzazioni neofasciste erano sotto il controllo dell’Oss di J. J. Angleton fin dal primo dopoguerra e alla costituzione del Msi (dicembre 1946). 
Emblematico, a questo proposito, quanto si legge in un rapporto dei servizi segreti americani intitolato “Il movimento neofascista - 10 aprile 1946, segreto”: <<I neofascisti intendono stabilire un contatto con le autorità americane per analizzare congiuntamente la situazione del paese.
La questione politica italiana sarà quindi collocata nelle mani degli Stati Uniti>>.[xix]
Per altri versi, anche il personale delle strutture di intelligence e di polizia del nostro paese erano stati prelevati dagli Alleati, a fine guerra, in buona parte dai precedenti organismi del regime fascista, essendo uomini che garantivano una certa affidabilità ed efficienza, cosa che non poteva di certo fornire la “polizia partigiana” notoriamente inesistente (chi conosce la Storia sa benissimo che tutta la cosiddetta Resistenza, come fenomeno militare, è più che altro una invenzione a posteriori), mentre quel minimo di forza militare partigiana, nata a cose fatte, erano per lo più elementi comunisti inaffidabili per gli americani.
Oltre a queste strutture istituzionali, nate nell’Italia post Badogliana, oltre ai dirigenti dei commissariati, questori, funzionari di polizia, ecc., in genere con una mentalità reazionaria o comunque rivolta all’ordine borghese, oggi sappiamo che furono messi in piedi anche Servizi segretissimi, non costituzionalmente inquadrati, ma tuttavia neppure totalmente “clandestini”, come il famoso “noto servizio”, detto “Anello”, [xx] creato nell’ottica di utilizzare personale specializzato per controllare e contenere le forze comuniste, ma con il tempo, ovviamente, impiegato in varie strategie e anche preposto ad operazioni di natura criminale. Venne messo in piedi a Roma verso il finire della guerra dal badogliano Mario Roatta dietro le direttive di un ufficiale ebreo polacco a cui poi furono chiamati a partecipare anche alcuni ex ufficiali della RSI.
Questo Servizio, diciamo “clandestino”, sembra fosse a conoscenza solo di alcuni Presidenti del Consiglio, tra cui Andreotti, ma è inesatto dire che rispondesse a costoro, che tutto al più costituivano una interfaccia politica con cui rapportarsi, perchè i comandi effettivi erano nelle mani delle Intelligence occidentali. [xxi]
E’ ovvio che tutte queste strutture di spionaggio e repressione, prevenzione e polizia, palesi o occulte, preposte alla sicurezza del paese, in buona parte in mano a dirigenti e personale con una certa mentalità e predisposizione “anticomunista”, potevano tornare utili per “chiudere un occhio” sulle “coloriture di rosso” di quei primi attenti e poi per coprire e depistare quanto sarebbe accaduto in Italia. Basti pensare che a Milano, alla questura che poi fu al centro di tutta la situazione venutasi a creare con le bombe di Piazza Fontana, vi era il questore Marcello Guida, sia pure per avanzamenti di anzianità,  che durante il ventennio era stato direttore delle guardie delle località di “confino” di Ventotene e Santo Stefano riservate agli oppositori del regime fascista.
In ogni caso, oggi sappiamo che attraverso il servizio segreto militare (Sios, Sifar e poi Sid) e quello civile (AA.RR.) venivano strumentalizzati personaggi e organizzazioni della destra “neofascista”, oltre ambienti vari ed eterogenei. Ma, a nostro avviso, non si deve solo pensare ai “doppiogiochisti”, cioè a personaggi che si spacciavano per “neofascisti”, ma erano a libro paga, di fatto permanente effettivo, con i Servizi o con le polizie, perchè le cose, come in tutte le realtà della vita, sono alquanto più complesse.
La politica è una prassi “sporca” e non si pratica “a tavolino”, ma implica, iniziative, relazioni, contatti ecc.; questo per dire che potrebbero anche esserci stati, personaggi che, diciamo in buona fede, pur se in un momento di demenza mentale, si sono illusi di utilizzare collusioni spurie nell’ottica di avere una chance politica se non rivoluzionaria.  E’ una possibilità teorica, che vogliamo lasciare possibile, ma che comunque non assolve nessuno anche perchè non possiamo sapere fino dove e fino a quando certe collusioni si sono spinte.[xxii]
Gli ambienti di destra, comunque, erano anche stati “chiamati a raccolta”, nel famoso convegno del maggio 1965 presso l’Ist. Pollio all’Hotel Parco dei Principi a Roma, sponsorizzato dallo Stato Maggiore con il presumibile fine, che probabilmente aveva preso corpo già a partire dai convegni Nato dei primi anni ‘60, di sondare, collegare e creare un clima adatto alla utilizzazione di personaggi, giornalisti e movimenti di destra a sostegno di iniziative decisamente reazionarie. Un programma d’azione che poi si arenò a seguito del caso Sifar (nel 1966 l’Istituto Pollio chiuse per mancanza di fondi), ma che comunque ebbe anche un certo ruolo nella organizzazione, ad esempio, di quei Nuclei di difesa dello Stato, costituiti nel 1966 e ramificati su tutto il territorio nazionale e direttamente collegati allo Stato Maggiore dell’Esercito.[xxiii]
Nel Triveneto poi, sappiamo che, dietro la base Fatse di Verona, questo controllo sui gruppi di destra veniva esercitato direttamente anche dalla Cia.[xxiv] 
Le recenti gravi confessioni del Generale Maletti, già numero due del Sid, per esempio, ci confermano non solo che i Servizi controllavano Ordine Nuovo,[xxv] ma ci dicono anche che l’esplosivo, forse utilizzato per Piazza Fontana e altro, arrivò in Italia da basi Nato in Germania e venne consegnato a Mestre a elementi non precisati di Ordine Nuovo.[xxvi]
Al sud invece, Calabria e Sicilia  soprattutto, non è indifferente che sono emerse svariate collusioni che si ebbero tra organizzazioni di destra, Mafie, ‘ndrine e massonerie locali. E Mafia e lobby massoniche, ben sappiamo sono dei “poteri” nello Stato, ma non sono totalmente estranei, nè allo Stato stesso e nè alle Intelligence Atlantiche (non si dimentichi che in Italia, non tutte, ma molte poltrone di potere, locale e nazionale, vengono assegnate dopo esser passati dal sistema elettivo, e il sistema elettivo prevede il controllo dei voti sul territorio, cosicchè chi controlla il territorio e chi ha mezzi finanziari adeguati, si intrufola nello Stato e negli Enti locali).[xxvii]
Del Msi, infine, inutile parlare visto che era un partito, strutturato con una dirigenza che da sempre e alla faccia di un becero e retorico nazionalismo patriottardo, lavorava in funzione totalmente antinazionale, ovvero al servizio dei nostri colonizzatori per i quali difendeva a spada tratta l’Alleanza Atlantica e interveniva, sempre e comunque, contro ogni iniziativa autonomista sia in campo internazionale che nei delicati settori energetici, come attestavano l’ottusa difesa missista della alleanza con gli Stati Uniti e il boicottaggio di ogni iniziativa di relazioni terzomondiste verso i paesi arabi, e l’avversione per  l’esperienza di Mattei, il caso Ippolito nel settore nucleare, ecc.
Considerando infine che, di fatto, il nostro Stato Maggiore era subordinato al sistema atlantico, ne consegue che “chi di dovere”, aveva il modo per controllare la situazione del paese come voleva: altro che “servizi deviati” come si è poi, per comodità, voluto far credere!  Facile, comodo e semplicistico, definire i Servizi “infedeli” o “deviati” e per altri versi,  la stessa cosa vale per quelle logge massoniche che vengono definite “deviate”, evitando di tracciare il vero organigramma del potere segreto: Centrali atlantiche e centrali massoniche, nostro Stato Maggiore, Servizi militari e civili, manovalanze  varie.[xxviii]
Certo, gli agenti dei Servizi forse non deposero le bombe, del resto non ne avevano bisogno visto che sicari, esaltati e balordi non mancavano, ma non è credibile che si limitarono a depistare e coprire certe responsabilità in virtù di chissà quale loro “deviazione” o infedeltà, ma di sicuro “influenzarono”, suggerirono e guidarono certi personaggi, certi “attivisti” da loro controllati dietro specifici ordini.
E anche i depistaggi avevano lo scopo di non far scoprire “tutta” la verità.
I dirigenti di questi Servizi, erano dei militari, in genere, passati dietro fasi di addestramento negli Stati Uniti, mentre per il servizio segreto civile degli AA.RR. sappiamo che uno dei suoi massimi dirigenti Umberto Federico D’Amato, già uomo di Angleton fin dal tempo bellico, fu anche sovrintendente alla Segreteria Speciale Patto Atlantico e operò in ambito Nato anche dopo la soppressione dell’Ufficio AA.RR. nel giugno 1974. Non per niente nella sede di Bruxelles della Nato  un salone venne intitolato a D’Amato, il funzionario, noto come lo “Edgar Hoover italiano”.
In ogni caso, se pur gli uomini dei Servizi  istituzionalizzati rispondevano a certi clan politici rivali e quindi erano soggetti ad ambizioni e rivalità personali tra loro, possiamo ritenere che, in linea di massima, agivano dietro un certo intento di servire gli interessi dello Stato, ma resta il fatto che questo Stato e in particolare le sue alte strutture militari, erano subordinate ai Comandi Nato e quindi, di conseguenza,  non poteva non scaturirne un sottile condizionamento.
Purtroppo però nessuno, sinistre comprese, ha voluto far luce su questo importante aspetto: si sarebbe scoperchiata una pentola il cui scottante contenuto, avrebbe tagliato l’erba sotto i piedi a tutti e avrebbe ostacolato la “continuità del potere” ovvero i futuri ruoli e partecipazioni nella spartizione del potere in Italia anche per le sinistre marxiste che poi oggi, totalmente snaturate dalle ideologie neoradicali, sono state fatte divenire “liberal”.
Sottolineò magnificamente il giudice Guido  Salvini:
<
Quando le forze di opposizione, nel 1996 e cioè nel momento del primo sviluppo di queste indagini si sono legittimate al governo, probabilmente non intendevano disturbare, creare problemi, rimestare avvenimenti considerati vecchi e ormai superati, davanti al principale alleato dell’Italia rispetto al quale bisognava mostrarsi comunque come una forza di governo “responsabile”.
Così è accaduto che su queste novità che riguardano in particolare il ruolo della NATO nella strategia della tensione è caduto un assoluto silenzio e se noi pensiamo a quello che sarebbe avvenuto invece in passato, è veramente sconcertante il fatto che nessuno abbia fatto nemmeno la più limitata protesta davanti a queste emergenze veramente impressionanti>>.[xxix]

LA PRIMA FASE STRAGISTA: QUELLA “AUTORITARIA”

Fu così che in Italia, all’incirca dal 1967, prese il via una prima fase “bombarola”, che possiamo definire, sia pure incorrettamente “autoritaria”.
A  che titolo, come e in che modo e con quale gravità le organizzazioni “neofasciste” di destra, parteciparono alla strategia della tensione è difficile stabilirlo esattamente, anche perchè, a causa di interessati giochi politici, la magistratura in tutti questi anni ha portato avanti indagini e impiantato processi infiniti e contraddittori, palesando una prassi non proprio adeguata a far luce piena sui tanti misteri,  ma più che altro funzionale a sbattere momentaneamente dei “mostri in prima pagina”, elaborando teoremi che non hanno portato a nulla e ancora oggi di tante stragi non conosciamo i nomi dei mandanti o quelli degli esecutori.
Anche le lungaggini nei procedimenti penali (naturali e necessarie o provocate?), le sentenze totalmente contraddittorie tra prima istanza, appelli e Cassazione, le svariate assoluzioni per “insufficienza di prove”, ecc., hanno finito per rendere tutto il quadro dei fatti, alquanto ingarbugliato e poco comprensibile.
Scrive Imposimato, nel suo libro sulle stragi impunite: <<In nessun paese del mondo occidentale si è verificata una tale quantità di crimini atroci e per così lungo tempo senza che i colpevoli siano stati scoperti e condannati>>.
Non si creda poi che le organizzazioni antagoniste di sinistra, e quelle anarchiche, fossero del tutto “innocenti” perchè di certo non mancavano esaltati e come sappiamo, il controllo delle Intelligence occidentali (e per altri versi anche dei servizi dell’Est) arrivava anche nel loro ambito, a cominciare da quella struttura detta “Superclan” a quanto pare responsabile anche della morte di un paio di “compagni” durante la deposizione di una bomba contro edifici americani in Grecia.
Anche sulla morte di Feltrinelli e del commissario Calabresi di certo non è stata fatta piena luce, ma le tesi fatte circolare o strombazzate da una stampa embedded, quelle di un Feltrinelli novello guerrigliero e Calabresi ucciso per “vendicare” Pinelli, ci sembrano delle vere e proprie fole.
Del resto è a tutti noto come una organizzazione “movimentista” quale Lotta Continua, l’ideale per chi aveva intenti e scopi di applicare le strategie “Chaos” in Italia, presentava nel suo seno interferenze della Cia o, altro esempio, come il Mossad israeliano aveva modo di condizionare il brigatismo rosso (o la Raf tedesca) e ancora come quella famosa scuola di lingue a Parigi, la Hyperion, sospettata per la genesi della Brigate Rose e per il controllo sulle BR di Mario Moretti,  era un crocevia di servizi segreti di eterogenea natura.[xxx]
Insomma le specializzazioni, diffusioni e articolazioni delle varie centrali di Intelligence, interne ed esterne, nel nostro paese, possiamo tranquillamente dire che dal dopoguerra in avanti, sono arrivate a inquinare, infiltrare o comunque, in qualche modo, controllare tutte i partiti, gruppi e movimenti politici che hanno agito in Italia.
Nessuno può essere sfuggito a questa tela di ragno, resa anche possibile dai grandi mezzi, finanziari, tecnologici e di comunicazione che in un paese politicamente evoluto e industrialmente avanzato come l’Italia di certo non mancavano.
Se tutto questo è vero e costituisce una complicazione per dipanare misteri, capire persone e circostanze, resta però il fatto che tutte le indagini e inchieste, sia giornalistiche che giudiziarie, nonostante fossero spesso palesemente monche o funzionali ad “oscuri” fini, assommate ai tanti processi, alle testimonianze di pentiti e dissociati e soprattutto alla valutazioni di vari episodi terroristici, fanno venir fuori, senza ombra di dubbio alcuno, che nell’ambito della destra “neofascista” vi erano innumerevoli collusioni, che vanno dai semplici informatori e spie occasionali del Commissario di quartiere, del maresciallo dei CC  o dei Servizi, fino alle collusi totali  con i Servizi stessi, tanto da arrivare ad elementi che nella loro doppia veste di “camerati” e “stipendiati dai Servizi” avevano un loro criptonimo di riconoscimento.[xxxi]
Fatto sta che, sorvolando su episodi occasionali precedenti, all’incirca a partire dal 1967 e fino al 1970,  in Italia si dispiegò una prima fase che, per comodità espositiva, possiamo denominare “autoritaria”, di una strategia della tensione a cui gli ambienti di destra non furono estranei. Praticamente questi ambienti furono indotti a collaborare a questa strategia dietro le su accennate collusioni, ma politicamente, in genere, certi ambienti si mossero anche dietro una specie di promessa che, in seguito alla destabilizzazione dell’ordine pubblico, il disagio dei disordini sociali, la paura delle “bombe sovversive”, sarebbe stato proclamato uno “stato di emergenza” se non addirittura un Golpe ed in entrambi i casi il Pci sarebbe finito al bando.
Una ghiotta prospettiva per questi ascari di destra, personaggi falliti che mai avevano contato nulla nel panorama politico nazionale.
Ma una prospettiva oltretutto inesistente, fatta di false promesse, perchè già era difficile e problematico attuare uno “stato di emergenza” in Italia, figuriamoci un Golpe, tutte soluzioni che, oltretutto, avrebbero creato agli atlantici più disagi e problemi di quanti se ne volevano risolvere. [xxxii]
Del resto “leggendo” la politica americana del tempo si riscontra una certa incertezza sul come gestire il “caso Italia”, specialmente nell’evenienza di un deterioramento della situazione: c’è chi, come il segretario di stato William Rogers è favorevole a mantenere una linea morbida, ovvero affidarsi comunque ad un governo di centro sinistra, mentre altri come lo stesso presidente Nixon o Henry Kissinger consigliere alla sicurezza (che risultano prevalenti) hanno una posizione più dura e sono disposti anche ad appoggiare, se necessario, un blocco conservatore e centrista, ma ovviamente senza allarmare o scompaginare troppo il quadro degli scenari internazionali.
Ai burattinai stragisti, bastava e avanzava destabilizzare l’ordine pubblico e il quadro sociale, per stabilizzare il paese per tutto il tempo della grave crisi internazionale e tenerlo fermamente ancorato nella sua collocazione occidentale atlantica. 
Per il futuro, le centrali mondialiste, avevano ben altri progetti per l’Italia!
E quando parliamo di “centrali mondialiste” (non a caso il giudice Imposimato ha chiamato in causa il Bilderberg) stiamo parlando di “Consorterie” che progettano e si muovono su prospettive a lunga scadenza, finalizzate ad un governo mondiale, al dominio finanziario, alla erosione delle sovranità nazionali, non di certo a formule semplicemente reazionarie o conservatrici che possono, tutto al più, essere diversivi tattici contingenti e transitori.
Se quindi in Italia, ambienti conservatori vari, il “partito americano” tra cui  quei socialdemocratici che avevano in Saragat (chiamato in causa in quel dicembre 1969 dalla stampa inglese proprio per la strategia della tensione) alla presidenza della Repubblica e i movimenti di destra, cioè gli ascari più fedeli, potevano crogiolarsi e illudersi che il disordine e il clima di violenze nel paese avrebbe prima o poi portato alla proclamazione di uno “stato di emergenza”, questa aspettativa restava difficilmente praticabile, mentre un colpo di stato era una pia illusione.
E’ cosi andata a finire che, a partire dal 1971, in pratica attenuatosi il momento di crisi internazionale nel mediterraneo, queste “truppe cammellate” del “neofascismo”, nella migliore tradizione Usa & getta, furono letteralmente abbandonate a sè stesse, a volte finendo per trasformarsi in schegge impazzite. 
Si sono quindi messi in atto, e come vedremo “sfruttati” per un altra ben precisa strategia  (una strategia poi si dispiegò con tutta evidenza dopo il Watergate in America, 1974), i primi procedimenti giudiziari e mandati di arresto contro personaggi di destra, mentre tutto il castello delle false flag, che avevano tinto di “rosso” e di anarchico le bombe (soprattutto Piazza Fontana), venne  a cadere.

LA SECONDA FASE STRAGISTA, QUELLA “PROGRESSISTA”

Cosicchè, quando la situazione militare nel mediterraneo e in medio oriente si è andata risolvendo, nel senso che quando dopo la morte di Nasser (settembre 1970 e soprattutto dopo la conclusione di quella “strana” guerra del Kippur (1973), lo stato israeliano non correva più gravi rischi militari (lo scontro, più che altro si era tramutato in una specie di guerriglia, esportata anche in Europa, con le frange palestinesi) e al contempo in America, a seguito del Watergate (1974) determinate lobby si impossessarono totalmente del potere, cambiando tutti i dirigenti delle Intelligence (venne destituito anche quel J. J. Angleton che in Italia aveva, dalla fine della guerra in avanti, tirato le fila di ogni strategia che implicava la strumentalizzazione di elementi “neofascisti”),[xxxiii] si determinò una fase transitoria e relativamente “debole” della politica americana, ma subito dopo prese il via una nuova e forte politica internazionale (in Europa era anche morto De Gaulle). Nel frattempo i riflessi di tutto questo ribaltone arrivarono anche in Italia, oltre che in Grecia (fine dei Colonnelli), in Portogallo (rivoluzione dei “garofani rossi”) e in Spagna (fine del franchismo). Anche l’attento politologo e osservatore di trame e strategie politiche e segrete, Aldo Giannuli, osserva che: <<L’evolversi della situazione politica a livello nazionale e internazionale, spingeva verso una rapida smobilitazione degli apparati che avevano retto la strategia delle tensione sino a quel momento. E la prima misura era quella di sganciare i servizi segreti dalle propaggini della destra eversiva che erano abbandonate al loro destino>.[xxxiv]
Da questo momento in  poi, quindi, in Italia si riprese, con più vigore, un vecchio progetto “mondialista”, momentaneamente interrotto dalla crisi militare dell’area mediterranea e dalla strategia della tensione specificatamente “autoritaria”: quello di accelerare la trasformazione della nostra società in senso progressista e modernista, liquidando ogni traccia della vecchia cultura borghese e cattolica, del resto da tempo in evidente crisi e “spiazzata” dagli sviluppi industriali e sociali dell’epoca.
Un progetto nascosto, sottile, anche contraddittorio perchè, al contempo, non erano di certo venute meno forze che vedevano di malocchio certe apertura a “sinistra” e sopratutto vi era sempre la necessità di procedere ad una “occidentalizzazione” e recupero del Pci, ma tenendolo per ora ben lontano dall’area governativa.
Precedentemente, infatti, dai primissimi anni ’60, si era notato che nel nostro paese, anche in virtù della politica kennediana e dell’avvento dei governi di centro sinistra, era iniziata a spron battuto una offensiva di quelle forze cosiddette “neoradicali” che investirono tutti i settori della nostra società che sottoposti a grandi cambiamenti sociali erano pur sempre strutturati e portati a comportarsi in base alla vecchia mentalità conservatrice.
Dalla cinematografia, quindi, al costume (con evidente calo della repressione verso forme di pornografia), alla scuola (ricordiamo il caso della “zanzara” al liceo Parini di Milano), ai rapporti sindacali, alle prime forme di contestazione, mutuate da un vento “contestativo” che spirava dagli Stati Uniti, alla stessa Magistratura (con iniziative e associazioni “democratiche”, tese a “cambiare” la figura del giudice ridisegnandolo in un contesto che tenesse conto degli aspetti “sociali” e con una nuova percezione della “moralità), per passare alla editoria, dove allo storico l’Espresso, spesso finanziato anche da Agnelli e preso in mano nel 1965 da Eugenio Scalfari, alfiere nel neoradicalismo in Italia, si andavano affiancando altre riviste “progressiste”, come per esempio l’Astrolabio (1963), ecc., tutta una serie di situazioni e ribaltoni si stavano mettendo in moto.
Insomma, nei primi anni ‘60 la vecchia e decrepita Italia borghese e cattolica fu investita da una contestazione globale, di cui la stessa Chiesa ne subì le conseguenze: ricordiamo, tanto per fare un esempio, la nascita di varie comunità di “preti del dissenso”, ecc.
Si trattava di cambiamenti epocali che stavano nella logica delle dinamiche storiche, ma su acui si innestò una offensiva delle forze e ideologie “neoradicali”, le quali però di fronte alle esigenze della crisi internazionale nel mediterraneo, apertasi nel 1967, come abbiamo visto, dovettero momentaneamente arenarsi e fu così che si aprirono spazi per una momentanea “offensiva” dei settori conservatori e reazionari del paese chiamati a sostenere gli interessi Atlantici.
Con la fine di questa “emergenza strategica” (1973) però, l’offensiva neoradicale e progressista, che era nelle aspettative delle forze mondialiste, riprese vigore.
Tornarono quindi a dispiegarsi le ideologie e le iniziative neoradicali,  di pari passo alla forzatura per una occidentalizzazione del Pci, procedendo anche gradualmente alla liquidazione e avvicendamento di tutto il personale con la vecchia mentalità reazionaria e borghese presente negli uffici, nelle questure, nella magistratura e in tutti i settori vitali del nostro paese.  
Fu un processo, anche culturale e di costume, a volte lento, a volte accelerato, a volte indolore, a volte contradditorio,[xxxv] ma spesso traumatico, che politicamente e istituzionalmente ha avuto il suo punto di arrivo nei primi anni ’90 con la Seconda Repubblica, quando le centrali “mondialiste” hanno finalmente omologato e strutturato il nostro paese, come avevano sempre desiderato.
Spesso si sottolineano gli scontri di potere che si accesero negli anni dello stragismo, i casi Sindona, P2, ecc., ma non si fa attenzione al fatto che quei poteri, quegli interessi, quelle forze che si tende semplicisticamente a ritenere responsabili del periodo stragista (e in parte sicuramente lo furono), furono sconfitti, furono liquidati e al loro posto oggi ci troviamo interessi e poteri di Alta Finanza, oltre alla totale perdita di ogni sovranità nazionale, proprio come una certa strategia mondialista aveva in essere. Ergo, era questa strategia, già in essere allora, quella che tirava le fila e risultò poi vincente.
Al tempo e con questi fini, con i primi anni ’70, ritornò opportuna la liquidazione del destrismo, degli ascari che avevano collaborato alla precedente fase della strategia della tensione e presero il via in ogni campo e a livello internazionale, compresa la filmografia,[xxxvi] svariate iniziative tese a criminalizzare e gettare nel ridicolo gli ambienti “neofascisti” (emblematici, tra i tanti titoli, il famoso “Zeta, l’orgia del potere” di Costa Gravas del 1969 e “Vogliamo i colonnelli” di Monicelli del 1973).
Più o meno dalle bombe di Brescia (maggio 1974) si inaugurò una seconda fase stragista: a quella “autoritaria” infatti, succedeva quella “progressista”, altro termine improprio, ma nel senso che da questo momento in poi le bombe non dovevano essere più “rosse” o anarchiche, ma “nere”, di “terrorismo fascista”. [xxxvii] Una fase che ebbe il suo apice dopo la strage dell’Italicus, agosto 1974, quando quasi trecento mila persone manifestarono in strada, persino nelle località  balneari dell’Emilia Romagna, contro  il “terrorismo fascista”.
Non ci vuole molto a capire che a partire da Brescia, al di là dei singoli episodi e i loro autori, nel complesso ora quegli attentati criminalizzavano le destre e contribuivano a spronare quella “modernizzazione progressista” del paese.
A prescindere, infatti, da chi l’abbia posta materialmente in atto, chi ideò di porre una bomba a Brescia il 24 maggio 1974 ad un comizio sindacale antifascista, era ben conscio che morti e feriti sarebbero stati addebitati alla destra “neofascista”, visto che oramai da tempo: a)erano in corso tutta una serie di inchieste, procedimenti giudiziari, arresti e così via nell’ambito dell’estremismo di destra da più parti ritenuto responsabile per Piazza Fontana;
b) si era inoltre appena avuta la vittoria elettorale delle forze progressiste nel referendum sul divorzio e soprattutto,
c) dopo che pochi giorni prima un ragazzo della destra “neofascista”, Silvio Ferrari, era saltato per aria a causa dell’esplosivo che trasportava.
E proprio questo accadde, perchè da quell’attentato così palesemente tinto di “nero”, se ne avvantaggiarono subito le sinistre e oltretutto, in quattro e quattr’otto, vennero anche facilmente chiusi dai sindacati contratti di lavoro che andavano avanti da tempo. [xxxviii]
La tesi opposta, quella che invece certi “oscuri” gruppi eversivi di destra (ma oltretutto quali “oscuri” se erano tutti “controllati”, e quali “eversivi” se al massimo e tramite collusioni con il “sistema” puntavano ad uno “Stato autoritario” ?) potevano avere interesse, con quell’attentato, a spingere le sinistre a reazioni e atti inconsulti, in modo da rendere possibile uno “stato di emergenza”, oppure che si voleva semplicemente spaventare le sinistre, è del tutto inconsistenze e se veramente fosse stata praticata questa strategia dimostrerebbe la totale demenzialità di chi vi ha eventualmente creduto e comunque il raggiro praticato da chi, dietro le quinte, l’ha ispirata avendo però ben altri interessi.
Tutto questo  è indubbiamente scritto nelle cronache di quei tempi e smentisce coloro, Imposimato compreso, che pretendono di considerare anche gli anni successivi a Piazza Fontana e al 1970, come il proseguo di una strategia “autoritaria” finalizzata a frenare lo spostamento a “sinistra” del nostro paese.
Sarebbe, infatti, oltretutto grottesco, pensare che coloro che erano interessati a questa “frenata” verso sinistra, coloro che tessevano le fila di questa strategia della tensione reazionaria, non si accorgevano che invece, in ogni campo, politico, sociale e del costume, quella strategia dei “bombaroli neri”, otteneva gli effetti contrari ovvero accelerava la svolta “progressista” della nazione!.
E’ comunque inesatto dire che questa “seconda fase” stragista atta a spostare la cultura e l’asse politico sociale in senso progressista, fu il frutto di una strategia stragista a tavolino opportunamente realizzata sul territorio, come in buona parte lo era  stata la “prima fase stragista” dietro le contingenti necessità internazionali, perchè in questo secondo periodo, più che altro, tutto il processo delle violenze e del terrorismo, innescato da Piazza Fontana, si era oramai messo in moto spontaneamente, vi erano in ballo interessi eterogenei e all’orgia delle violenze, vi partecipavano diverse componenti, ma di certo chi “controllava” la situazione italiana, chi aveva interesse a determinare certe svolte epocali nella nostra società, aveva anche l’interesse a sfruttare per i suoi fini il terrorismo, all’uopo ispirando certe azioni, incanalando attraverso il controllo dei partiti e dei mass media,[xxxix] la inevitabile ondata di sdegno e di orrore in un certo modo e dietro precisi obiettivi da raggiungere.
Quindi è ovvio che adesso, in questa seconda fase, i fini occulti dello stragismo, provocato o sfruttato che sia, erano ben diversi dal periodo precedente e lo si intuisce osservando il quadro di insieme degli avvenimenti, non i singoli episodi che, in quel crogiolo di componenti e situazioni eterogenee, potevano anche essere finalizzati ad obiettivi contingenti: insomma, il particolare non deve far perdere di vista il quadro generale.
A prescindere, infatti, dai singoli episodi stragisti, Brescia, Italicus, ecc., fino ad arrivare alla enorme strage alla stazione di Bologna nel 1980, ogni singolo episodio può anche essere stato determinato da interessi, vendette o strategie del momento e di varia ed eterogenea natura, compreso il contingente boicottaggio di troppo arditi spostamenti politici a sinistra, ma il filo di sangue che percorre tutto questo secondo periodo stragista ci dice che chi aveva interesse e intenzioni di alimentarlo e perpetuarlo, seguiva una strategia finalizzata a produrre sensibili cambiamenti di cultura, di costume, economici, sociali ed ovviamente politici, seppur lenti e non immediati, nel nostro paese. [xl]
Tanto per fare un esempio, la bomba sul treno Italicus che il 4 agosto 1974 fece 12 morti e oltre 100 feriti, si è ipotizzato che venne messa per uccidere Moro che, dicesi doveva prendere quel treno; altri invece la mettono in relazione al progetto di un presunto Golpe e altri ancora a trame e vendette che risalirebbero alla loggia pidduista, ecc.
Ma a parte il fatto che niente di tutto questo è stato veramente appurato, quello che dobbiamo tenere sempre presente è il fatto che quella bomba, come altre precedenti e susseguenti, contribuiva a fomentare un immaginario popolare contro il “terrorismo nero” e piano, piano contribuiva ad “ammodernare” in senso progressista tutta la società italiana.
E contribuiva altresì a preparare un passaggio di poteri, come poi in effetti è avvenuto in via definitiva dagli anni ’90 in avanti, o si crede forse che certi poteri, certe centrali finanziarie che oggi hanno la possibilità di imporre loro “tecnici” nelle alchimie se non alla guida del governo, oggi che la Nazione, in virtù di accordi e trattati internazionale, ultimo dei quali il famigerato MES, è letteralmente vincolata e assoggettata al potere mondialista e al sistema bancario usurocratico, siano spuntati per caso e al tempo magari erano impegnati in sinceri aneliti di riscossa demoratica?
Del resto la mancata piena luce su vari atti di terrorismo non consente di addebitare, con assoluta certezza, ogni episodio di sangue ad un singolo movente, magari quello che apparentemente è affiorato alla superficie, come fu il caso di Aldo Moro ucciso il 9 maggio 1978 dalla Brigate Rosse o, all’opposto, quello del sostituto procuratore Vittorio Occorsio che il 10 Luglio 1976 venne ucciso  a Roma da estremisti di destra.
In entrambi questi casi l’evento specifico ci dice che il presidente della DC venne ucciso dai brigatisti nell’ottica di una loro guerra allo Stato, mentre il giudice Occorsio sarebbe stato condannato a morte da elementi, dicesi di Ordine Nuovo, che lo ritenevano responsabile della persecuzione contro questa sigla.
Ma attente riflessioni e considerazioni di tutto quello che è poi venuto fuori, sia pure in modo confuso e contraddittorio, fanno intuire che dietro l’uccisione di Moro c’erano ben altre motivazioni, di ordine addirittura internazionale, mentre per Occorsio non si può escludere una sua eliminazione necessaria per allontanare certe indagini dalle Loggi massoniche.
Tutto questo, quindi, dimostrerebbe che dietro le quinte, c’erano “forze” che, magari all’insaputa di coloro che venivano utilizzati con certe e diverse motivazioni, perseguivano ben altri fini.
Con questo non si vuol negare che in alcuni frangenti qualche episodio terroristico era finalizzato a “bloccare” o vanificare certe ardite aperture di governo verso sinistra e del resto lo stesso terrorismo brigatista tornò utile per ingessare ogni tentativo di “compromesso storico”. Ma il fatto è che adesso, passata, o comunque decisamente attenuatasi, l’emergenza strategica nel mediterraneo  non vi erano più impellenti motivi per attuare progetti di strage finalizzati unicamente a frenare le dinamiche politiche interne.
Adesso per vanificare certe “aperture”, per boicottare certe correnti di partito che si volevano spingere troppo “in avanti”, potevano benissimo attuarsi i soliti mezzi ricattatori e di corruzione a cui i nostri politici sono sempre stati sensibili e, in casi estremi, qualche atto criminale come, molto probabilmente, fu l’episodio del figlio dell’esponente del Psi Francesco De Martino, fautore in quegli anni di un centro sinistra senza preclusioni”,  a cui venne rapito il figlio.[xli] Analoga strategia fu impiegata con Aldo Moro, da tempo ostico alla politica americana per cui, probabilmente attraverso certe collusioni, nel circuito brigatista, i servizi internazionali occidentali riuscirono a determinarne l’assassinio.
Per tornare allo stragismo della seconda fase terroristica, di certo non vogliamo dire che, per esempio, il PCI, oltretutto per altri versi spietatamente boicottato verso una sua ascesa nelle compagini governative, era responsabile di quelle bombe, visto che, in definitiva, se ne avvantaggiava (anche grazie al quel “clima”, alle elezioni del giugno 1976 sfiorò addirittura il sorpasso sulla DC), ma più semplicemente che coloro che in quel momento cavalcavano quella strategia  stragista, avevano proprio lo scopo, ma in prospettiva (di fatto per il dopo Jalta), di spostare verso una  finalmente addomesticata “sinistra” l’asse politico nazionale e nel frattempo di procedere nella modernizzazione progressista, , culturale e sociale, del paese.
Fino a quando il terrorismo brigatista, non subentrò nello stragismo e non si dispiegò con una chiara funzione di boicottare la politica aperturista del Pci,  fu forse probabilmente anche per questo che il PCI tacque e non denunciò come avrebbe dovuto certi ambienti dentro e fuori lo Stato che potevano essere incriminati per corresponsabilità in quelle vicende bombarole, ma si limitò a sbraitare contro qualche Servizio deviato e contro il terrorismo nero.
Le collusioni e i depistaggi, in tanti episodi del genere, operati dai nostri Servizi, Servizi lungi dall’essere “deviati”, ma invece perfettamente controllati dal sistema Atlantico a cui erano indirettamente subordinati, dimostrano altresì che i burattinai di oltre oceano che tenevano le fila dello stragismo erano sempre gli stessi, anche se il Watergate aveva cambiato molti interpreti esecutivi, ma ora con una difforme strategia e altri fini.
Del resto questa ambivalenza strategica era anche prevedibile se solo consideriamo che dopo il Watergate, praticamente dall’agosto 1974 in avanti, negli Stati Uniti erano cambiati tutti i dirigenti dei Servizi di Intelligence.[xlii]
Si faccia comunque attenzione ad un aspetto, apparentemente contraddittorio, che contraddistingue questa “seconda fase” stragista e che mostra come siano sempre complicate e mai perfettamente lineari, le vicende storiche.
Si può infatti constatare che dopo un periodo, cosiddetto “intermedio” dove si accesero scontri di potere a vari livelli e si sovrapposero vicende e iniziative politiche incontrollabili, un periodo che possiamo più o meno indicare dal 1971 al 1973, ben rappresentato dalla strage alla questura di Milano (maggio 1973) eseguita dallo ‘pseudo anarchico Bertoli, legato ai Servizi segreti (ai tempi del Sifar aveva il criptonimo Negro), con amicizie in gruppi di destra e proveniente da Israele, dopo questa fase “transitoria” di uno stragismo più che altro simile a “colpi di coda” e “schegge impazzite”, vediamo che si dispiegò con sicurezza la fase che abbiamo chiamato “progressista” dove ogni bomba “nera”, accelerava i cambiamenti che si desideravano attuare e infatti si attuarono nel nostro paese.
Ebbene, mentre la “prima fase” stragista, quella “autoritaria” con le sue bombe false flag anarchiche, mostra chiaramente l’intento di spaventare l’opinione pubblica borghese per destabilizzare il clima politico e sociale del paese, dando spazio alle forze di destra e frenando al contempo ogni ulteriore apertura verso sinistra, la “seconda fase” stragista, quella “progressista” presenta invece il paradosso che, da una parte, il “terrorismo nero” agevola e incentiva lo spostamento a sinistra di tutta la politica italiana, ma al contempo il Pci, che pur si avvantaggiava da questa situazione ed era andato in mano al clan dei Berlinguer che avevano subito proceduto a “occidentalizzarlo”, pur tuttavia e fino a quando perdurava “Jalta”, doveva ancora essere frenato nella sua ascesa al governo, tanto che questa “direttiva” anticomunista, kissingeriana, atlantica o statunitense, costerà la vita a Moro e darà spazio alle strategie pidduiste, finendo anche per strumentalizzare, consapevoli o meno che fossero, contro ogni ipotesi di “compromesso storico”, durante gli “anni di piombo (all’incirca 1975 - 1980) le organizzazioni armate della sinistra brigatista e l’area dell’Autonomia.
Lo spostamento dell’Italia, infatti, verso un modernismo progressista e laicista, non contemplava per il momento l’ascesa del PCI al governo, con una sorta di centro sinistra più estremo (compromesso storico), ma il progressivo adeguamento del paese, della sua cultura, della sua economia e finanza, delle sue Istituzioni, del suo strato sociale, ecc., alle grandi democrazie occidentali, cioè la predisposizione di un terreno fertile su cui, come poi avvenne negli anni ’90 con la Seconda Repubblica, impiantare Istituzioni, modelli di partiti liberati da ogni vincolo ideologico o peculiarità sociale, ovvero, un tipo di politica più funzionale al mondialismo.
Mondialismo che, non dimentichiamolo, ha come strategia transitoria quella della dissoluzione di ogni sovranità nazionale e come fine ultimo, possibile o no che  ne sia la sua realizzazione, quello di una Repubblica Universale, ovvero di un governo mondiale e una globalizzazione totale della società.
E proprio qui sta il segreto di tutte queste vicende: basta semplicemente considerare che oggi come oggi, con l’avvento al potere mondiale di Istituzioni e Organismi trans e over nazionali (soprattutto CFR, FMI, Banca Mondiale e Banca Centrale Europea), trattati di Maestricht, di Lisbona, ecc., il nostro paese, spazzata via la vecchia classe politica, i vecchi partiti, legati a obsolete ideologie o identificazioni sociali, ecc., ha perduto ogni residuo di sovranità nazionale, sopratutto in campo finanziario, mentre la sua subordinazione al sistema Nato si è vieppiù accentuata.
E tutto questo è stato “preparato” e reso possibile anche attraverso quella fase transitoria finalizzata alla evoluzione modernista e  progressista della cultura e della società, fase transitoria che ha preparato il terreno per la Seconda Repubblica.
Quindi: a chi ha giovato la seconda fase dello stragismo? [xliii]
Ripetiamo, stiamo parlando di “tendenze”, di “ispirazioni”, di “condizionamenti” della strategia della tensione, tutte operazioni che vanno viste da un punto di vista al di sopra dei singoli eventi della cronaca quotidiana, vale a dire che ci furono “forze” e strategie che tiravano le fila, creavano o si “inserivano” negli avvenimenti, ispiravano e condizionavano personaggi e situazioni, perchè per il resto, ovvero per la dinamica “terroristica”, una volta innescata, in particolare da Piazza Fontana in avanti, tutto poi si è mosso anche con una sua dinamica autonoma e in un vortice di iniziative incontrollabili.
Anche durante questa “seconda fase” stragista, comunque, quella “progressista”, non possiamo sapere che ruolo esattamente ebbero gli ambienti del destrismo “neofascista” (vedi ad esempio l’episodio di Nico Azzi che il 7 aprile 1973 sul treno Torino - Roma cerca di far esplodere un ordigno che poi dovrebbe essere addebitato alla sinistra antagonista), ma che ora appaiono, per lo più, come schegge impazzite abbandonate da chi di dovere, o forse meglio, sottilmente strumentalizzate da chi ne ha interesse e destinate al massacro o alla galera.
Viene però inequivocabile una considerazione:
se durante la precedente fase della “strategia della tensione”, quella “autoritaria”, ogni eventuale complicità delle destre neofasciste, magari dietro promesse di uno “stato di emergenza”, di fatto era servita unicamente agli interessi atlantici, quindi era stata data “a gratis”, perchè nessuno li avrebbe ripagati consentendogli di giocare un vero ruolo politico in Italia: ora invece in questa altra fase stragista “progressista”, ogni loro eventuale partecipazione alla strategia della tensione, se e quando ci fosse stata, portava acqua proprio a quegli ambienti di sinistra che il destrismo tanto osteggiava.
E’ infatti innegabile che proprio il Pci nel periodo  1974 / ’76 (e anche oltre nonostante che, nel frattempo, si era sovrapposto il terrorismo brigatista), fu tra i beneficiari della “seconda fase” della strategia della tensione, dove ogni bomba che scoppiava veniva dai mass media definita “nera” e la magistratura procedeva imperterrita in questa direzione. Il Pci stette al gioco e probabilmente chiuse anche un occhio nel denunciare tutto quello che i suoi apparati informativi gli facevano sapere su quelle stragi e in cambio ne beneficiò anche in termini elettorali.
Tranne il fatto che, non erano ancora maturi i tempi per una entrata  del Pci nell’area di governo e quindi non solo, questo partito, dovette vieppiù trasformarsi al suo interno e aspettare fino agli anni ’80, ma si crearono anche tutta una serie di contraddizioni e ripercussioni, compreso il progetto massonico pidduista per il controllo transitorio dello Stato, [xliv] e il fenomeno brigatista (grosso modo 1975 / 1982), che complicarono,  perpetuandone il terrorismo,  lo scenario degli avvenimenti.
Questo è il quadro generale del lungo periodo stragista, e quei politologi, quegli indagatori dei tanti misteri che hanno insanguinato il nostro paese, non dovrebbero mai sottovalutare il “punto di arrivo”, ovvero la situazione di totale perdita della sovranità nazionale che ne è seguita.
Si mette giustamente l’accento alla dipendenza e condizionamento dai nostri colonizzatori statunitensi ed in particolare dalle trame a questo fine predisposte dalle strategie stay behind, si sottolinea come un apparato di estesa incidenza politica ed economica come la P2, al centro di ogni trama e malaffare, sia stata “scoperta” e smantellata, ma poi si dimentica a cosa veramente circa 20 anni di stragismo hanno portato, a quali poteri il nostro paese ha finito per essere irreversibilmente soggetto, chi è cosa ha finito per sostituire la P2,  come e perchè due grandi partiti di massa, con tutti i loro difetti, quali la DC a rappresentare il mondo cattolico, i ceti medi e vaste aree di forze imprenditoriali e il PCI a rappresentare i ceti popolari e la grandi masse contadine ed operaie, sono stati disintegrati, anzi il secondo è stato usato per dissolvere il primo e altresì, ha finito per essere trasformato  in un ibrido centro di potere, al servizio di particolari interessi finanziari e permeato da una ideologia “liberal” che neppure si può definre propriamente “progressista”.
Non si pone mente locale al fatto che  questo “arrivo”, questa conclusione dello stragismo, non è stato casuale e non ha neppure fatto “pulizia” dallo squallore degli scandali, ma  si è trattato di un “avvicendamento” a cui vi hanno contribuito poteri e forze, che oggi si sono sostituite alle precedenti e che non erano di certo animate da sinceri aneliti democratici.
Questa è la nostra interpretazione dello stragismo, senza la pretesa di voler per forza “etichettare” o decodificare ogni singolo evento criminale, perchè, senza che si siano individuati con precisione esecutori e mandanti,  sarebbe impossibile far risalire ogni episodio di terrorismo, ogni bomba, ad un intento o interesse preciso, ma il filo di sangue che lega i due periodi stragisti è quello che abbiamo delineato.
Comunque sia, almeno questo quadro di insieme dell0 stragismo, possiamo dire di conoscerlo con sufficienza.


NOTE

[i] Il ruolo del Bilderberg, di questa “massoneria” mondialista, deve essere sempre tenuto presente quando più avanti analizzeremo la “doppia” facciata dello stragismo. Non si dimentichi  che un uomo come Kissinger che ebbe un suo ruolo nella politica “anticomunista” in Italia, tanto da arrivare a minacciare Moro, era che uomo del mondialismo e quindi aveva anche fini proiettati al di là delle contingenze. Nel suo libro sulle stragi Impunite Imposimato ricorda come anche il Giudice Leonardo Grassi era giunto alla convinzione che in queste stragi avessero operato <<strutture di guerra non convenzionali... estricansioni di una strategia internazionale frutto di accordi occulti tra Servizi e di altre iniziatirgve di  carattere sovranazionale che hanno riguardato l’Italia e altri stati occidentali>>.
[ii] Per le tesi e le denuncie storiche di V. Vinciguerra vedesi i suoi articoli esposti nel Sito: “Archivio Guerra Politica” http://www.archivioguerrapolitica.org/(sezione l’Archivo) e in particolare il suo Saggio: “1969 Piazza Fontana e oltre”.
[iii]  Tra i tanti ns. articoli su questo tema, vedesi: “Il vero significato della parola neofascismo è: antifascismo”, esposto nella sezione Notiziario del Sito: http://fncrsi.altervista.org/.
[iv] Si veda l’Archivio e la Stampa di questa associazione sicuramente fascista di ex combattenti della RSI, esposti nel Sito: http://fncrsi.altervista.org/
[v] Del resto lo stesso Ferdinando Imposimato ci racconta che con una sua interpellanza del 2 maggio 1991, firmata dal futuro presidente della Commissione stragi Giovanni Pellegrino, ebbe a sostenere questo veritiero e importante passaggio: <<La linea stragista sarebbe state eseguita da nessuna organizzazione di Destra in quanto tale, ma soltanto da elementi mimetizzati, in realtà appartenenti ad apparati di sicurezza o comunque legati a questi da rapporti di collaborazione>>.
A nostro avviso però gli elementi “mimetizzati”, magari anche con attività non proprio finalizzate allo stragismo, erano talmente tanti e diffusi nelle organizzazioni di Destra, che la cosa lascia veramente sconcertati.
[vi] Strano che in questo suo libro sulle stragi impunite, come su un altro suo recente testo relativo al caso Moro, Imposimato invece pare sposare la tesi che la prigione di Moro fu sempre in via Montalcini. Tra le più attendibili, anche se non esaustive ricostruzioni, del caso Moro si vedano i testi di Sergio Flamigni: La tela del ragno Il delitto Moro, Ed. Kaos 2003, e Giuseppe De Lutiis, Il golpe di via Fani, Ed. Sperling & Kupfer, 2007.
[vii] Molto importanti gli accenni, sia pure en passant o indiretti, che si trovano nel libro citato di Imposimato sulle stragi impunite, dove si parla di accordi tra Massoneria e Vaticano, del ruolo di Giovanni Montini, del sollecito americano dell’Oss al Vaticano di creare un suo Servizio Informazioni fin dal 1943 e poi della collaborazione dello stesso Montini con la Cia negli anni ’50.
[viii] Interessanti su questo tema alcuni importanti testi: Lupara Nera, di Giuseppe Casarrubea e Mario J. Cereghino: Edizioni Bombiani 2009;  Made in UsaLe origini americane della Repubblica Italiana, di Ennio Caretto e Bruno Marolo:  Rizzoli, 1996; Politica occulta di Marco Dolcetta, Castelvecchi, 1998; Le uova del drago, di Pietrangelo Buttafuoco Mondadori 2005.
[ix] A questo proposito, si veda il nostro articolo: Il portato storico, politico e strategico  di Jalta,  pubblicato su Rinascita del 21 novembre 2012 ed esposto nella sezione Notiziario del Sito: http://fncrsi.altervista.org/
[x] Recentemente il generale Gianadelio Maletti, ex numero due del Sid, ha confermato la dipendenza di Ordine Nuovo dal Servizio e lo stesso Imposimato, nel suo libro sulle stragi impunite, ricorda che <<Pino Rauti ne era il capo indiscusso, anche se dal 1966 lavorava quale esperto per lo Stato Maggiore della Difesa>>.
[xi] F. Imposimato: La repubblica delle stragi impunite. Opr. cit.
[xii] A Chicago, nel 1968 la polizia americana ingaggiò una furibonda lotta contro circa 5 mila “hyppies” intenti ad assaltare la Convetion del Partito democratico. In seguito, fu documentato, che il 17 per cento degli “hippies” così scatenati, erano in realtà, elementi facenti parte di agenzie governative.
[xiii] Sinceramente non abbiamo guardato le origini razziali di Arnaldo Ferrara. Non possiamo però non constatare che in quegli anni il Mossad israeliano, come risulta da vari riscontri e come ebbe anche a sostenere Alberto Franceschini, uno dei fondatori delle brigate rosse, aveva ottimi rapporti con l’arma dei carabinieri e faceva il filo alle BR a cui proponeva di passare armi e appoggi vari.
[xiv] Vincenzo Vinciguerra in “La questione morale”, 2007In altro articolo: “Da Gerusalemme a Piazza Fontana”, 2009, noterà ancora V. Vinciguerra: << Più si alza la soglia di allarme in Medio Oriente, più cupo risuona il rimbombo del cannone, più Gerusalemme trema, più in Italia si avverte l'urgenza di uno "Stato forte" in grado di spazzare via, insieme alla "sovversione rossa", le tendenze neutralistiche e la politica di equidistanza fra arabi ed ebrei>>. Entrambi gli articoli sono visibili nel Sito Archivio Guerra Politica, http://www.archivioguerrapolitica.org/
[xv] Un ottima disamina di questa “agenzia” spionistico-provocatrice è stata fatta da V. Vinciguerra con il suo articolo: “Aginter Presse”, presente nella sezione L’Archivio V. Vinciguerra Saggi e articoli, visibile in http://www.archivioguerrapolitica.org/.
[xvi] Per una conoscenza dei fatti narrati, sfrondando i contenuti dalle forzature interpretative degli autori, interessanti i libri: R. Fiore, G. Fasanella: Intrigo internazionale,  Ed. Chiarelettere 2010; e anche Il golpe inglese, di G. Fasanella, J. Cereghino, Ed. Chiarelettere, 2011.
[xvii] A fianco alla girandola di violenze che si accesero un pò da per tutto, cominciò anche un crescendo di bombe, dapprima di potenza contenuta, come per esempio quelle di Roma nel 1967, poi sempre più potenti, fino ad arrivare al 1969 dove, oltre a vari attentati di minore spessore, si ebbero le bombe alla fiera di Milano e alla stazione di Porta Garibaldi  (aprile) che ferirono una ventina di persone; sui treni di Milano, Roma, Venezia, e altre città (agosto), in quei tempi attribuite a gruppi anarchici, ma non era così. Ed in effetti sono tutte azioni che si svolsero sotto una false flag, proprio come doveva essere Piazza Fontana e giustamente Imposimato nel suo libro sulle stragi impunite ricorda: <<le stragi della primavera estate 1969, legate per prove documentali e testimoniali, a quelle di dicembre>>.
[xviii] A questo proposito non può essere sottovalutato il libro denuncia: Camerati Addio!, di Vincenzo Vinciguerra, Ed. Avanguardia 2003, un testo di estrema importanza, comunque lo si voglia giudicare.
[xix] Vedesi il libro Fascisti senza Mussolini, di Vincenzo Parlato, Ed. Il Mulino, 2006. Interessante anche il nostro Saggio: Dal fascismo al Neofascismo, di M. Barozzi, presente nel libro “Storia della FNCRSI”, Ed. Fncrsi 2009.
[xx] Denominazioni queste ovviamente mai formalizzate, ma semplicemente atte a indicarlo  quale presenza in una realtà di fatto.
[xxi] Vedesi: Stefania Limiti: L’Anello della Repubblica, Ed. Chiarelettere 2009; e Aldo* Giannuli: Il Noto servizio, Giulio Andreotti e il caso Moro, Ed. Tropea 2011.
[xxii] Occorre anche considerare una certa naturale “solidarietà” che istintivamente si stabiliva tra il “fascista” e la “divisa”, laddove entrambi erano su posizioni anticomuniste e portati ad una visione “gerarchica” della società, oltre al culto dei valori combattentistici. Il “fascista” però avrebbe dovuto attenersi anche ad un patrimonio ideale, sociale e storico, tale da fargli tenere una certa “distanza” e diffidenza verso FF.AA. di una Repubblica antifascista e oltretutto colonizzata. Comunque sia, un certo senso dell’onore, avrebbe dovuto indurre coloro che, eventualmente, avevano avuto la geniale idea di “intrupparsi” in qualche modo con i Servizi, e constatato poi che la loro attività aveva contribuito a spargere sangue italiano, sputtanato il fascismo e fatto il gioco dei nostri colonizzatori, ad attenersi a  quel codice del Bushido, che tanto si ostentava: insomma a farsi saltare le cervella! Ma niente di tutto questo è avvenuto.
[xxiii] Vedesi a questo proposito l’importante testo di Aldo Giannuli: Il Noto Servizio, Giulio Andreotti e il caso Moro, Tropea Ed. 2011.
[xxiv] Il giudice Guido Salvini, pur artefice di teoremi che come al solito generalizzano e non reggono alla prova dei fatti, ha espresso dei rilievi e delle considerazioni che, non possono sottovalutarsi. Nel corso di una intervista video, in seguito  rivista dallo stesso giudice,  il 27 novembre 2000 prima di pubblicarla, ebbe ad affermare quanto segue: <>.
[xxv] Racconta Imposimato, nel suo libro citato sulle stragi impunite, che un giovane o di Ordine Nuovo, Paolo Aleandri (poi “pentito” e reo confesso della mancata strage al CSM nel 1979), che si incontrava spesso con Licio Gelli all’hotel Excelsior di Roma, ebbe a riferirgli di essere venuto a conoscenza dei rapporti di Ordine Nuovo con un agente della Cia, l’ingegner John Fenwick e con esponenti vaticani.
[xxvi] Si veda l’importante testo: Piazza Fontana Noi sapevamo. Le verità del generale Maletti, di Seresini Andrea, Palma Nicola e Scandagliato E. Maria, Ed. Aliberti 2010.
Anche l’ex ministro Paolo Emilio Taviani sostenne una tesi simile, con la variante che l’esplosivo venne fornito a uomini di Avanguardia Nazionale da  un agente nord americano che proveniva dalla centrale tedesca e apparteneva ai Servizi segreti dell’esercito molto più efficienti della Cia  (vedesi: testimonianza agli atti del processo Meroni – Pradella). L’ex Presidente Francesco Cossiga, invece, ebbe a dire a Renato Farina: <<A Piazza Fontana ha le mani sporche il servizio di intelligence militare dell’esercito americano>>.
[xxvii] Nel libro di F. Cossiga e A. Cangini “Fotti il potere”, Aliberti editore, 2010, il Presidente Cossiga ebbe a esortare <<a rassegnarci a convivere con il potere mafioso, perchè il potere mafioso, della ‘ndrangheta, e quello camorrista non ci sono estranei>>.
[xxviii] Anche sulla Massoneria occorre sfrondare il campo da comode interpretazioni che tendono a definirla “deviata”, salvandone così una sua presunta legittima funzione. In realtà non esistono “massonerie deviate”, ma soltanto periodi diversi in cui certe Logge massoniche assumono una determinata politica, che poi magari, quando non serve più, viene liquidata anche traumaticamente. E’ a nostro avviso il caso della P2 che non è affatto il frutto di ambizioni di potere personale. In Italia è anche bene ricordare, come fa Imposimato nel suo libro sulle stragi impunite, che gli americani erano arrivati a impiantare ben sette Logge in altrettante basi Nato.  Le più importanti Logge furono nelle due basi Fatse, quella di Verona e quella di Vicenza.
[xxix] Intervista visibile nel sito: http://www.nazioneindiana.com/2005/02/13/i-misteri-di-piazza-fontana/.
[xxx] Proprio tutti i sospetti che si sono avanzati sulla scuola di lingue parigina Hyperion, ovvero che era un Centro dove vi passavano vari servizi segreti sia dell’Est che dell’Ovest, oltre al Mossad e addirittura ai Servizi Vaticani, ci dà la dimostrazione di come, durante Jalta, le Intelligence, che pur si facevano una guerra spietata, in definitiva cooperavano tra loro affinchè tutto rientrasse nella spartizione e nella subordinazione stabilità a Jalta.
[xxxi] Oltre ai nomi più noti, ricordati spesso da Vincenzo Vinciguerra, come per esempio: Gianni Casalini, di Ordine Nuovo di Padova, criptonimo Turco; Carlo Digilio, Ordine Nuovo di Venezia, criptonimo Erodoto; Guido Giannettini,Agente Zeta; Armando Mortilla criptonimo Aristo; ecc., lo stesso Vinciguerra nel suo articolo “Cellula spionistica” del 1 ottobre 2008, scriverà:
<<Degli imputati per la strage di piazza Fontana del 12 dicembre 1969, non ce n'è uno solo - dicasi uno - sul conto del quale non è emerso il rapporto con i servizi segreti militari, civili o con l'Arma dei Carabinieri, con i servizi segreti militari e la Central intelligence agency americani, con i servizi segreti israeliani. Sulla strage dell' "Italicus", è stato addirittura l'ex ministro degli Interni e della Difesa, Paolo Emilio Taviani, a indicarne in Mario Tuti uno degli esecutori materiali, rivelando però che faceva parte di un'organizzazione segreta creata dal ministero degli Interni che, per le sue finalità, si poteva confondere con "Gladio">>.
Anche il libro qui citato, sulle stragi impunite di Imposimato, attesta i tanti esponenti neofascisti collusi con i Servizi o facenti parte della Gladio, organizzazione che Imposimato giustamente mette in relazione alle strategie stay bihind e a quella “guerra non convenzionale” praticata dagli statunitensi.
[xxxii] Sicuramente la proclamazione di qualche “stato di emergenza” venne promessa a questi ambienti destristi, o comunque gli statunitensi ne dovettero valutare l’opportunità come dimostra un telegramma segreto dell’ambasciatore Graham Martin a Kissinger del 12 gennaio 1970, meno di un mese dopo Piazza Fontana, dove vi si affermava della possibilità di uno scioglimento del parlamento da parte di Saragat e nuove elezioni per primavera dove, con il sostegno del Vaticano, si poteva sostenere la DC che poi avrebbe potuto varare un forte e stabile governo di centro. Ma poi evidentemente queste possibilità vennero scartate a dimostrazione che. dietro tutto e dietro la contingenza del momento, c’erano ben altre strategie. Anche la “preparazione” di cervellotici Golpe, deve essere fatta rientrare in altre strategie e ricatti politici che non veri e propri tentativi di compiere un colpo di stato.
[xxxiii] Un giovane Angleton, rampollo di ricco americano, già nei Servizi e membro di potente loggia massonica (dicesi di “tradizioni” britanniche), giunse a Roma nel 1944 come capo dell’Unità Zeta, del servizio x2, l’Oss.
Fu lui che fece prelevare Valerio Borghese a Milano, sottraendolo a sicure vendette, e utilizzandolo poi per le strategie statunitensi nel nostro paese. Attraverso apposite logge aperte o riaperte in Italia e con la partecipazione di Frank Gigliotti, consigliere capo dell’Oss, massone, Angleton mise in piedi una rete di intelligence e di manovalanza anche con ex fascisti, partigiani bianchi anticomunisti e altro, creando poi il primo nucleo del costituendo Sifar.
[xxxiv] Aldo Giannuli: Il Noto servizio, Giulio Andreotti e il caso Moro, Ed. Tropea 2011.
[xxxv] A proposito di contraddizioni, si pensi solo al fatto che, in quegli anni, per tenere sotto controllo slittamenti troppo arditi verso sinistra e verso lo stesso Pci, le Logge della P2 di Gelli avevano praticamente mano libera e “occuparono” i gangli vitali di buona parte delle Istituzioni e della società.
[xxxvi] Si tenga presente che la filmografia, realizzata da case di produzione di proprietà (al pari dei grandi organi di stampa e comunicazione), di potenti centrali finanziarie, ha spesso accompagnato e a volte anche preceduto e ispirato importanti cambiamenti che determinate lobby volevano attuare nella società.
[xxxvii] Con il termine “progressista” non si intendono svolte politiche per governi di sinistra, ma tutto un insieme di situazioni, di culture, di mentalità, di avvicendamenti sociali che dovevano adeguare il nostro paese alle grandi democrazie occidentali e soprattutto alle future strategie mondialiste. Le ideologie neoradicali che hanno cambiato la mentalità della gente rispetto alla sessualità, ai costumi, al modo di vedere la politica, al dissolvimento dei partiti tradizionali, l’inquadramento della Nazione subordinandolo all’Europa e alle sue leggi finanziarie, le forzature per l’introduzione di una società multietnica, ecc., esprimono molto bene questi cambiamenti al tempo desiderati e che si cercarono di incentivare, per finire poi, piano, piano, per realizzarsi effettivamente nel nostro paese.
[xxxviii] Anche la pagliacciata del Golpe Borghese, dicembre 1970, che forse stabilisce lo spartiacque tra due diverse strategie, (una impresa che per la sua inconsistenza, soprattutto militare, tutto poteva determinare meno che un vero colpo di stato, ma che comunque non fu neppure un “gioco”), ci mostra che dietro vi erano ben altri intenti a quelli che apparentemente risaltano ovvero di un gruppo di destristi, industriali, massoni e militari che vogliono ristabilire l’ordine in Italia per sottrarla a comunismo.
[xxxix] Anche se non arriva a individuare questo ruolo subdolo dei mass media, è comunque interessante leggere il ruolo della stampa, durante il periodo stragista, ricostruito dal libro Bombe a inchiostro, di Aldo Giannuli, Ed. Rizzoli 2008.
[xl] La generalizzazione sullo stragismo (espresso anche da Imposimato nel suo libro sulle stragi impunite) inteso sempre e solo quale mezzo per frenare la dialettica politica in Italia, dimostra tutta la sua debolezza interpretativa quando si  viene a parlare della bomba di Bologna (2 agosto 1980). Qui, dopo aver riconosciuto che il Pci per la prima volta alle elezioni del 1979 era arretrato, e che in definitiva si aveva un governo DC, PSI, PRI, con a capo Cossiga, un uomo vicino a Gelli, l’ex giudice si chiede che interesse potevano avere ambienti di destra a compiere quella strage per spaventare le masse. E si risponde che, a veder bene, in quel governo vi erano anche i socialisti di Nenni considerati contigui ai comunisti e si stava preparando un esecutivo che avrebbe portato alla sostituzione di Cossiga e Andreotti con Forlani. Ci sembra veramente assurdo che venne compiuta una strage di quella portata per boicottare svolte politiche tutto sommato non dirompenti. E i socialisti di Nenni, ,suvvia.!
[xli] Il 5 aprile 1977, a Napoli, venne rapito Guido De Martino figlio di Francesco l’esponente socialista tra i più favorevoli verso una apertura al PCI. In seguito a questo episodio la carriera politica dell’esponente socialista (che aveva pilotato l’uscita del Psi dal governo di centro sinistra dopo le elezioni del giugno 1976) sarà distrutta.
[xlii] Un interessante studio andrebbe anche fatto sugli Stati Uniti, dove negli anni ’60 e primissimi anni ’70, si assistette ad una globale offensiva di forze neoradicali, contestative e altro, con diffuse violenze, anche razziali, mentre la stessa cinematografia e la grande stampa, in mano a case di produzione ed editoria legate a potenti circuiti finanziari si cimentarono in campagne libertarie e contestative. La contestazione alla guerra del Vietnam fu al centro di tutto questo processo pseudo rivoluzionario. Ma tutto, guarda caso, venne a terminare nel momento un cui certe “forze” con il colpo di stato silenzioso del Watergate presero il potere e cambiarono l’amministrazione americana, a dimostrazione che precedentemente vi era stata anche una evidente strumentalizzazione.             
[xliii] Vogliamo qui prevenire una osservazione: tutte queste nostre considerazioni sono lungi dall’essere di natura “complottista”.
Quando noi parliamo di agitazioni sociali, Contestazione, fenomeno brigatista, ecc., non vogliamo dire che tutto questo venne studiato e preparato a tavolino da chissà quali personaggi e centrali.  E’ ovvio che nella dinamica storica vi è anche la nascita spontanea di idee, azioni e situazioni di questa natura; è certamente nelle dinamiche storiche e nei tempi, l’esplodere di tensioni, contraddizioni e crisi generazionali e quindi non tutto viene provocato a tavolino. Ma è anche indubbio e la storia lo dimostra, che ogni volta hanno a prendere corpo personaggi di rilievo o nuove idee o situazioni di una certa consistenza e importanza, vi sono anche “poteri”, interessi e “forze” che cercano di condizionarli per i loro fini. E’ una realtà storica che genera poi un vortice di cause e concause nelle situazioni storiche, rendendo sempre difficile l’interpretazione degli avvenimenti.
[xliv] A dimostrazione di una certa “continuità” strategica e parte da lontano e mira ancora più lontano, è interessante notare come il famoso e famigerato progetto pidduista di “rinascita democratica”, tanto stigmatizzato e portato come esempio di un golpe silenzioso conto le sinistre, in realtà, uscito di scena Gelli, liquidata la P2, realizzata la Seconda  Repubblica, e sfrondato da ogni coloritura “anticomunista” oramai inservibile, di fatto, si è attuato nella nostra società dove si può constatare l’accentramento di vari poteri, stampa compresa, e il dispiegarsi di politiche al di fuori dei partiti (governi o immissioni di “tecnici”) in mani “anonime”, ma ben individuabili nell’alta finanza.