A seguito del mio ultimo artico
“Come siamo finiti così in basso?”,
presentato qualche settimana fa, un lettore mi ha inviato una mail nella quale
affermava di non accettare lezioni di
storia da un fascista. Ovviamente ho immediatamente eliminato dalla mia
Rubrica il nominativo per evitare che nella mia lista esistessero persone di tale
levatura. Dato, però, che sono un soggettino un pò strano, la cosa mi ha spinto
a tuffarmi in un nuovo articolo titolato:
INVITO AD
UN NUOVO CONFRONTO
di
Filippo Giannini
Credo di non cadere in errore se affermassi
che negli ultimi mesi si sono verificati in Italia non meno di una cinquantina
di casi di suicidio, la maggior parte dei quali commessi da imprenditori,
disperati per l’andamento disastroso del mercato. Prego i lettori di tener
presente, nel proseguo del lavoro, questo dato.
Altro dato da tener presente è che molti
economisti considerano la crisi – anche questa made in Usa – iniziata nel 1929, peggiore di quella attuale.
Desidero qui riportare uno stralcio di uno
scritto di Marzio di Belmonte, estrapolato da un suo ottimo lavoro dal titolo: “Il carteggio Mussolini-Churchill nel
contesto della Seconda Guerra Mondiale”: <Il propagandarsi nel mondo dell’ideologia mondialista e neoradicale,
devastante arma ideologica, propedeutica a questo processo storico e necessaria per lo smantellamento
delle consuetudini, tradizioni e religioni, soprattutto della vecchia Europa.
Con la fine del secolo scorso smantellata Yalta, hanno preso immediatamente
forma nuovi contesti internazionali finalizzati ad un Nuovo Ordine Mondiale.
Le
grandi strategie internazionali gestite dietro le quinte da determinate forze
occulte, sono oggi evidenti e non possono più creare dubbi nella loro finalità.
Da
qui ne scaturisce un progetto ed anche una tendenza realizzativi:
·
un
progetto che troviamo già aleggiare negli ideali delle rivoluzioni francese e
americana, passando poi per la distruzione dei grandi Imperi Centrali in Europa
e il ridimensionamento del potere Cattolico, tutte realtà queste che, in
qualche modo, erano di intralcio a quegli ideali mondialisti, quindi la
liquidazione degli Stati Fascisti, fino alla creazione ed allo sviluppo di
quei grandi Istituti, Organismi e centri di potere mondiale, come la vecchia
Società delle Nazioni poi ONU, il CFR (Council on Foreign Relations, 1921),
l’IPR (Institute for Pacific Relations, 1925), il Fondo Monetario
Internazionale e la Banca Mondiale (1944), l’UNESCO (1945), il il Bildgberg
Group (1952), la Trilaterale (1973), e tanti altri organismi, politici e
finanziari, compresi quelli europei della UE, tutti atti a predisporre le
strutture e/o a preparare i quadri per il dominio planetario, ecc.
·
(….).
·
Ed infine una
illimitata supremazia della finanza sulla politica, anzi la finanza stessa che
si fa politica, e quindi una globalizzazione totale dell’economia e della
forza lavoro gestita direttamente dal potere finanziario (…)>.
Per ricapitolare il pensiero di Marzio di
Belmonte i fascismi erano di intralcio ai
disegni di dominio globale del potere finanziario e, aggiungo, a scudo e a
guardia di questo c’è la democrazia,
così come oggi ci è stata imposta. Dello stesso parere è un altro noto storico
Rutilio Sermonti, che nel suo libro L’Italia
nel XX Secolo ha scritto: <(Per le
democrazie) La risposta poteva essere una sola: perché esse volevano un generale conflitto europeo quale unica
risorsa per liberarsi della Germania – formidabile concorrente economico – e,
soprattutto dell’Italia. Questo è necessario comprendere se si aspira alla realtà
storica: soprattutto dell’Italia>.
La
storia del XX Secolo è molto complessa ed è tutta da scrivere, da questa una
realtà risulta incrontovertibile: le tre grandi democrazie, Francia, Gran
Bretagna e Stati Uniti, si sono ingegnate a preparare la Seconda Guerra
mondiale con l’intento di abbattere i fascismi, grandi barriere per i loro
programmi di dominio globale. Le grandi democrazie come sono giunte al loro
obiettivo?
Ė noto a tutti che la Gran Bretagna
possedeva almeno i tre-quarti del territorio terrestre ed esercitava su di esso
ogni mezzo per schiavizzare gli abitanti e sfruttare le ricchezze del
sottosuolo. L’opportunità di soppiantare i cugini
inglesi e sostituirli nelle loro conquiste, non sfuggì ai grandi finanzieri
americani, che nel frattempo si erano sempre più rinforzati grazie alle
ricchezze del sottosuolo americano. Possiamo fissare la data di questa politica
con l’enunciazione della così detta Dottrina
Monroe. James Monroe è personaggio di estrema importanza se si vuol
comprendere la storia di oggi. James Monroe nacque in Virginia il 28 aprile
1758, morì a New York il 4 luglio 1831. Partecipò alla guerra d’indipendenza
americana, al ritorno riprese gli studi di diritto. Svolse diverse attività
politiche e diplomatiche, nel 1816 divenne il quinto presidente degli Stati
Uniti. Fu l’autore di una Dottrina che
da lui prese il nome, la quale prevedeva una serie di principi di politica
estera, presentati al Congresso a dicembre 1823. Fra questi, il più
interessante proclamava, in forma autoritaria, che il continente americano
(quindi anche il Sud America) non era un territorio destinato alla
colonizzazione europea. Inoltre, per maggior chiarezza, il Congresso statunitense
stabiliva che ogni tentativo delle potenze europee per estendere la loro
influenza sul continente americano (!) sarebbe stato considerato dagli
Stati Uniti come una minaccia per la loro sicurezza e per la pace. Tutto ciò
servì per costringere Napoleone III, che aveva tentato una infliltrazione nel
Messico, a ritirare le sue truppe (1867). Fu in nome della Dottrina Monroe che gli Stati Uniti poterono esigere e ottenere
dall’Inghilterra il controllo esclusivo del Canale di Panama (1901). Leggiamo
da Dizionario Mondiale di Storia
Universale: <Dalla fine del XIX
sec. d’altronde la Dottrina Monroe servì a giustificare la politica imperialistica statunitense in
America Latina, in particolare nel Venezuela (“corollario” di Theodore
Roosevelt, 1904) e nel Mare dei Caraibi; gli Stati Uniti si arrogarono così il
diritto di polizia internazionale sul continente americano>. La Dottrina Monroe continua ancor oggi ad
essere invocata per giustificare ogni
guerra di aggressione – e sono state centinaia – sempre condotte al di fuori
dei propri confini. Prima considerazione: sarebbe azzardato se sostenessi che
il sogno americano ha avuto origine
nel 1823?
Così siamo
giunti ad una nuova tappa del sogno
americano, all’ideologia del pensiero
unico finanziario. Questo è gestito principalmente dalle seguenti agenzie di rating: Standard & Poor’s, Moody’s e Fitch Rating, Agenzie che,
neanche a dirlo, hanno sede oltre oceano, in grado di gestire a loro piacimento
l’economia di ogni Paese, stabilendo quanto siano affidabili le economie dei
singoli Paesi. Per avere solo un’idea di quanto potenti siano le Lobby che gestiscono le economie
mondiali, riporto uno stralcio, a firma di Toni Liuzza, tratto da Historica Nuova: <Quello che importa sottolineare di nuovo, è
che le regole non sono state mutate affatto. Perché? La risposta è
semplicissima: i banchieri internazionali non lo hanno permesso. Barrack Obama
non ha mosso una virgola quando la “Federal Reserve” ha erogato (tra dicembre
del 2007 e il giugno 2010) la fantastica cifra di 16.000 miliardi di dollari, a
tasso d’interesse uguale a zero. A tutte le più importanti banche
d’investimento dell’Occidente (…). Di quella cifra 846 miliardi di dollari sono
finiti nei conti della “Goldman Sachs” (…)>. Per capire, ancora meglio
il potere di queste Lobby, aggiungo:
<La manovra è stata fatta
segretamente, in violazione delle leggi americane, che prevedono
l’autorizzazione del Congresso per operazioni di gran lunga inferiori
(…)>. Prima di passare oltre, vediamo come la finanza Usa ha imposto
l’autodiritto di stampare dollari in misura incontrollata. In merito Antonio
Pimpini ha scritto: <Nel Trattato di
Bretton Woods del 22 luglio 1944, quindi in piena seconda guerra mondiale, 730
rappresentanti di 44 paesi “alleati”, si riunirono dall’1 al 22 luglio 1944 in
un Hotel di Bretton Woods e firmarono, dopo non poche liti, un accordo
importantissimo e semplicissimo: si noti, la guerra mondiale non era ancora
terminata, ma era necessario, visto che l’epilogo era omai scontato,
individuare chi e come governare il mondo>. L’autore memore della
cupidigia della finanza d’Oltre Oceano, così conclude: <Nella predetta riunione, il dollaro ebbe la meglio soppiantando tutte
le altre monete (sterlina, franco francese ed altre minori) ed il suo
corrispettivo risiedeva nell’oro di cui, in via puramente ipotetica, ognuno
poteva tramutare i suoi dollari, tenuto conto appunto della riserva aurea che
doveva essere garantita (…). La risultante fu l’apertura di tutti i mercati
agli Usa, la contestuale commercializzazione,
in regime di sostanziale monopolio impositivo, dei propri prodotti e
l’indebitamento generalizzato di tutte le economie post belliche, anche quelle
in grande espansione e addirittura di quelle che la guerra l’avevano vinta. Il
motto era: con i dollari che ti presto potrai fare grandi infrastrutture, ma
sarai con me indebitato a vita>.
La formula per giungere a questo ci viene
fornita dall’allora futuro Presidente degli Usa, Woodrow Wilson: egli nel corso
di una lezione tenuta alla Columbia University, già nell’aprile 1907,
sfacciatamente così caricò la mentalità predatoria degli studenti americani:
<Dal momento che il commercio
ignora i confini nazionali e il produttore preme per avere il mondo come
mercato, la bandiera della sua nazione deve seguirlo, e le porte delle nazioni
chiuse devono essere abbattute… Le concessioni ottenute dai finanzieri devono
essere salvaguardate dai monistri dello stato, anche se in questo venisse
violata la sovranità delle nazioni recalcitranti… Vanno conquistate o impiantate
colonie, affinché al mondo non resti un solo angolo trascurato o inutilizzato>.
Per quanto sopra, che poi è solo un estratto
del potere che la vittoria militare del 1945, ha permesso che tutto ciò
avvenisse, grande è la mia meraviglia quando osservo che, in Europa tutta, ci
sono ancora degli idioti che festeggiano la data della “liberazione” del 1945.
Torniamo ora alle osservazioni di Marzio di
Belmonte ((…). La distruzione dei grandi
Imperi centrali in Europa… (che) erano di intralcio a quegli ideali
mondialisti, quindi la liquidazione degli Stati Fascisti(…)>, e a quelle
di Rutilio Sermoni (La risposta poteva essere una sola: perché esse (le democrazie, nda) volevano un
generale conflitto europeo quale unica risorsa per liberarsi della Germania e
soprattutto dell’Italia…>. Cosa avevano commesso di così grave l’Italia
e la Germania? Brevemente, vediamo di
dare una risposta il più possibile esauriente. Il così detto Trattato di Versailles aveva posto, in
pratica, la Germania in una situazione di estrema disperazione: i disoccupati
erano milioni, solo come esempio, per comprare un francobollo erano necessari
miliardi di marchi e così di seguito. Essendo stata la Germania spogliata di
tutti i suoi beni, dal nostro punto di
vista la seconda Guerra Mondiale fu scientemente preparata in quell’occasione.
La conquista del potere da parte di Hitler fu salutata dalla stragrande maggioranza
dei tedeschi con favore. Il Führer in pochi mesi riuscì a risolvere le
situazioni più scabrose, in primo luogo dette un lavoro a tutti i tedeschi. Non
dimentichiamo che mentre il Governo tedesco tentava di far uscire la Nazione
dal tunnel, le lobby finanziarie guidate da quelle ebraiche, dichiararono guerra
alla Germania invitando le popolazioni mondiali a boicottare i prodotti
tedeschi.
John Frederick Fuller, storico militare
inglese, nella sua Storia militare, riconobbe che la causa che spinse le
democrazie a fare la guerra a Hitler fu il suo riuscito tentativo di liberare
la Germania dalla schiavitù economica, cosa che determinava un pericolo molto
serio per la finanza internazionale. A questo punto riportiamo una osservazione
di Francesco Fatica (Lotta del sangue
contro l’oro): <Il Grosso Capitale
Apolide annidato nelle banche e nelle multinazionali, avendo ottenuto dai più
importanti Stati la cessione della sovranità monetaria, batte moneta per conto
degli stessi Stati a cui poi presta, per consuetudine consolidata e
legalizzata, paradossalmente il denaro stampato, ricavandone pure gli
interessi>. Osserva poi Fatica: <La
massa del popolo ignora questa grossa truffa ai suoi danni>. La
Germania per svincolarsi da questa truffa aveva nazionalizzato le banche. Cosa
inaccettabile per la grande finanza internazionale.
E l’Italia?
Ci avvaliamo di nuovo del citato lavoro di
Francesco Fatica. <Le demoplutocrazie,
come le chiamava Mussolini – in quanto sotto l’apparenza democratica
nascondevano l’influenza coercitiva del Grosso Capitale, dell’International
Banking Fraternity, che reggeva le redini della politica (…) non potevano tollerare che esistessero stati
autoritari che ponevano l’autorità dello stato al di sopra degli interessi del
capitale. Ma la cosa che le demoplutocrazie – ossia la Confraternita dei
magnati del Grosso Capitale Apolide che effettivamente le ha governate e le
governa tuttora – non potevano, in particolare, assolutamente tollerare
tutto questo. Ma quello che mandò in bestia le grandi Lobby, fu che Hitler
aveva nazionalizzato la Reichsbank, mentre Mussolini aveva irizzato la Banca
Commerciale Italiana, il Credito Italiano, il Banco di Roma e la Banca
Nazionale del Lavoro, che controllavano il pacchetto di maggioranza e
controllano in parte tuttora la Banca d’Italia, cioè aveva imposto il controllo
dello Stato su quelle banche, ottenendo di conseguenza, il controllo della
Banca d’Italia (…)>. Tutto questo mentre il mondo demoplutocratico era divorato dalla crisi sorta nel 1929. <Pochi sanno> ha scritto lo studioso
Boris Borisov <che cinque milioni di
coltivatori americani, circa un milione di famiglie, furono espulsi dai loro
terreni: pignorati dalle banche, perché non riuscivano a pagare i debiti
contratti. Gente che dovette lasciare la propria casa ed errare qua e là senza
meta, senza denaro e senza proprietà: che si trovò confusa tra le masse di milioni
di disoccupati, impossibilitata a trovare un lavoro, preda di sfruttamento
gangsteristico>. Senza necessità di spiegare oltre, ecco il motivo per
cui centinaia di americani si suicidarono spinti dalla disperazione.
Come la Germania superò la crisi congiunturale
lo abbiamo già accennato; e l’altro Paese a regime autoritario, cioè l’Italia
come l’affrontò? Giorgio De Angelis (L’Economia
Italiana fra le due Guerre, pag. 137): <L’onda d’urto provocata dal risanamento monetario non colse affatto di
sorpresa la compagine governativa e provvedimenti di varia natura attenuarono, ove possibile, i conseguenti
effetti negativi soprattutto nel mondo della produzione (…). L’opera di
risanamento monetario, accompagnata da un primo riordino del sistema bancario,
permise comunque al nostro Paese di affrontare in condizione di sanità generale
la grande depressione mondiale sul finire del 1929 (…)>.
Ma la grande spinta si ebbe a seguito degli
importanti lavori messi in atto dal(l’infausto) regime, che proprio in quegli
anni concepì, grazie al genio di Arrigo Serpieri, il prosciugamento e la
valorizzazione delle paludi – non solo nella penisola, ma anche nelle
colonie e in Albania – la nascita in tempi fascisti (cioè in tempi
brevissimi e senza ruberie), la nascita di nuove città ecc. ecc.. In pratica il
regime (sempre infame, per il gerarchetto
infame) operò in senso esattamente opposto a come sta operando l’attuale
governo tecnico guidato dall’uomo
della Goldman Sachs, Mario Monti, e i
risultati si videro (allora) e si vedono (oggi). Ė da ricordare che nel 2005
Monti giunse alla posizione di super consigliere internazionale della Goldman
Sachs. Attualmente, nominato senatore dall’ex supercomunista Giorgio
Napolitano, e da questi imposto come Capo del Governo. Come dire: sono fischietti nostri.
Ma torniamo a noi.
Anche se la storia (chiamiamola favola, la Storia è una cosa troppo
seria) resistenziale non lo confermerà mai, negli anni ’30 le idee innovatrici
e rivoluzionarie di Benito Mussolini si stavano espandendo in tutto il mondo: Argentina,
Australia, Canada, Giappone, Stati Uniti e così di seguito si assisteva al
sorgere di nuovi partiti e movimenti che si ispiravano al Fascismo italiano e
alle sue concezioni dello Stato Corporativo. L’avvenimento assunse un aspetto
ancor più straordinario in Gran Bretagna, cioè nel regno del capitalismo e
della massoneria. In Inghilterra nacquero due movimenti: l’Imperial Fascist League, rappresentato da Doram, che si ispirava al
nazionalsocialismo tedesco, e la British
Union of Fascists, il cui capo era Oswald Mosley, fedele seguace del
fascismo italiano. Il partito poteva contare su 100 mila iscritti. In una
intervista al Corriere della Sera
Mosley dichiarò: <Non possono esservi
fascismi, ve ne è uno solo: quello del Duce. Il fascismo è oggi paragonabile,
dal punto di vista storico, ai grandi movimenti di fede universale, come il
conservatorismo, il liberismo, il socialismo, che sono stati comuni a tutti i
popoli civili. Il fascismo è la più grande fede costruttiva e rivoluzionaria
che il mondo abbia mai conosciuto: è un credo rivoluzionario che appartiene a
tutta l’umanità>. Questo può dare una spiegazione a quanto ha sostenuto
Rutilio Sermonti, nella sua asserzione, sopra ricordata, e precisamente: <soprattutto dell’Italia>. Tutto
ciò, e tanto altro ancora, risultava un pericolo per la sopravvivenza del
Grande Capitale.
Prima di
concludere desidero ricordare di nuovo il più grande giornalista italiano (tale
è riconosciuto da tutti), Giuseppe Prezzolini. Questi nacque per caso (così era solito dire) a
Perugia il 27 gennaio 1882, morì,
centenario a Lugano nel 1982; tutto ciò è necessario ricordarlo in quanto
chiarisce quale fu il periodo della sua vita. Venne giudicato come un anarchico conservatore, dallo stile
formidabilmente concreto e asciutto. Non accettò il regime fascista, quindi si
trasferì a Parigi e poi, definitivamente, negli Stati Uniti, dove rimase sino agli anni sessanta, pur tornando
saltuariamente in Italia.
Facciamo un
salto in avanti nel tempo e poi analizziamo il precedente.
Ripetiamo,
Giuseppe Prezzolini morì nel 1982, quindi non ebbe modo di assistere
all’episodio noto come “mani pulite”,
tuttavia ecco quello che ha scritto circa la politica italiana nella seconda
metà dello scorso secolo: <I partiti
non esistono più, ma soltanto gruppetti e clientele. Dal parlamento il triste
stato si ripercuote nel Paese… Tutto si frantuma. Le grandi idee cadono di
fronte a uno spappolamento e disgregamento morale di tutti i centri d’unione.
Oggi uno è a destra, domani lo ritrovi a sinistra… Lo schifo è enorme. I
migliori non hanno più fiducia. I giovani se non sono arrivisti e senza spina
dorsale non entrano nei partiti (…)>.
Vediamo ora come l’anarchico conservatore, dopo uno dei viaggi in Italia nei primi
anni Trenta, cosa scrisse: <Le mie
impressioni possono forse parere
semplici per i lettori italiani, ma hanno però lo sfondo dei paesi per i quali
passo quando torno: un confronto e un controllo. Pace in questa Italia: ecco il
primo sentimento certo che si prova venendo da
fuori e dura per tutto il soggiorno. La pace degli animi, il silenzio
delle lotte che divorano gli altri paesi, e separano classi e spezzano famiglie
e rompono amicizie, e disturbano il benessere, talora in apparenza maggiore. Le
strade non saranno grandi come le
Avenue, ma non ci sono
mitragliatrici; le lire non saranno molte come i dollari, ma sono sempre lire e
lo saranno domani. I ricchi non hanno bisogno di guardie del corpo per salvare
i figlioli dal sequestro. I poveri non devono pagare la taglia mensile alla
mala vita per esercitare il loro mestiere. C’è oggi una generale convinzione
che in un mondo come quello d’ora l’esercito è uno strumento di prima necessità. Vi sono momenti in cui anche la
famiglia più modesta e l’uomo più pacifico pensano che sia meglio saltare un
pasto per comprarsi un revolver (…). Il popolo italiano appare rinnovato. Sta
lontano dalle osterie e dalle risse; sale sui monti in folla. Gode, come nessun
altro popolo, del paesaggio, dei fiori, dei colori e dell’aria. I discorsi e i
commenti che vi senti, lasciano trasparire l’atmosfera di serenità e di salute.
Il popolo italiano ha un aspetto più forte, più dignitoso, più serio, più
curato, meglio vestito di un tempo, è ossequiente alle leggi e ai regolamenti,
è istruito nella generalità e più aperto perfino agli orizzonti internazionali.
Si muove di più, viaggia di più: conosce meglio di una volta il suo paese. Non
è ricco come altri popoli, ma non lo è mai stato e in confronto del popolo
americano mi pare senza dubbio più contento>. Ricordiamo che
Prezzolini scrisse questo pezzo nel pieno della grande depressione che partì,
come sempre dalla democraticissima Usa. Sì, più
contento, ha scritto Prezzolini, almeno diverso da oggi. E tu, lettore,
oggi, in piena democrazia, sei felice come, stando a quanto ha scritto
Prezzolini, come lo era tuo padre o tuo nonno nel periodo del male assoluto?
P.S. Mi
permetto di aggiungere queste poche righe perché siamo in epoca post-olimpiadi
e non si fa altro che gridare di gioia e d’orgoglio per il decimo (sottolineo decimo) posto ottenuto
dagli atleti italiani. Alcuni amici lettori ricorderanno come conclusi un mio
precedente articolo, ricordando che l’Italia nelle Olimpiadi nel periodo del male assoluto, e cioè nel 1932 nel medagliere figurò al secondo posto
e nel 1936 al quarto posto. Dimostrando,
una volta ancora che anche (sottolineo ANCHE) nello sport l’Italia era
un simbolo da seguire. Riporto il Medagliere
delle due Olimpiadi sopra indicate,
citando solo le prime dieci Nazioni:
LOS ANGELES 1932 (X E.F.)
V O A
B
Stati
Uniti 103 41
32 30
ITALIA 36 12
12 12
Francia 19 10
5 4
Svezia 23
9 5 9
Giappone 18 7
7 4
Ungheria 15 6
4 5
Finlandia 25 5
8 12
Gran
Bretagna 16 4
7 5
Germania 20 3
12 5
Australia 5 1
1 0
BERLINO 1936 (XIV E.F.)
V
O A B
Germania 89 33
26 30
Stati Uniti 56 24 20
12
Ungheria 16 10
1 5
ITALIA 22 8
9 5
Finlandia 19 7
6 6
Francia 19 7
6 6
Svezia 20 6
5 9
Giappone 18 6
4 8
Olanda 17 6
4 7
Gran
Bretagna 14 4
7 3
Ci
fosse stato un cane di giornalista
che avesse ricordato questi precedenti. Perché? Eppure di chiacchiere ne sono
state fatte tante, ma tante…
Nessun commento:
Posta un commento