venerdì 27 luglio 2012

PARTECIPAZIONE INTEGRALE DEL POPOLO AL POTERE IN UNO STATO ORGANICO



UNA PROPOSTA PER IL XXI SECOLO PER L'ITALIA E PER LA NUOVA EUROPA:
PARTECIPAZIONE INTEGRALE DEL POPOLO AL POTERE IN UNO STATO
ORGANICO

PREMESSA 1: Quanto allegato è di solo ed esclusivo interesse di coloro che si riconoscono nei principi mussoliniani. Di conseguenza chi non condivide quanto in premessa, consiglio di non aprire il file. Potrebbe non capire.
PREMESSA 2: Data la mia scarsa stima nel popolo, nel ricordo di Piazzale Loreto del 28 aprile 1945, quel che faccio, scrivo e propongo è mirato esclusivamente alla riabilitazione storica di Benito Mussolini. A questo scopo, ripetutamente, ho chiesto che si apra un "processo mediatico" purché garantito (almeno una volta) dalla massima serietà.
Tutto ciò premesso, passo alla proposta.
In occasione del sessantesimo anniversario della presentazione del "Manifesto di Verona" fu organizzata a Roma il 30 novembre 2003, in una sala superaffollata (segno evidente che la "cosa" interessava), la presentazione del "MANIFESTO DEL XXI SECOLO". Realizzatori sono stati: Rutilio Sermonti, Alberto Spera, Giacinto Auriti, Manlio Sargenti (anche se da lontano in quanto infermo per malattia), Stelvio Dal Piaz e il sottoscritto. La presentazione fu patrocinata dal Movimento Nazional Popolare.
Il motivo di questa mia iniziativa è quello di spingere la base dei piccoli movimenti, che si richiamano ai principi mussoliniani, per giungere finalmente ad una unione. So bene che la base di questi partitini ambisce a quanto proposto, ma gli "ometti" che si trovano alla loro testa, con vari artifizi ostacolano questa necessità. Allora io dico: "cacciateli via!". Non bruciamo altro tempo.
Il "Manifesto del XXI Secolo" che trovate in allegato può essere il "Polo catalizzatore". In altre parole, se vi riconoscete in esso, quale motivo non ci permette di marciare insieme?
Io ho fatto il mio lavoro, ora, "signori" delle "basi", fate il vostro. Con energia.
Filippo Giannini

COMITATO STORICO SCIENTIFICO «EUROPA DEL TERZO MILLENNIO"
NEL RICORDO DEL MANIFESTO DI VERONA UNA PROPOSTA PER IL XXI
  SECOLO PER L'ITALIA E PER LA NUOVA EUROPA:
PARTECIPAZIONE INTEGRALE DEL POPOLO AL POTERE IN UNO STATO
ORGANICO

PREMESSA
Sono passati sessanta anni da quando il 14 novembre 1943, in Castelvecchio a Verona, si celebrò il congresso del Partito Fascista Repubblicano, con il proposito di fissare in un "Manifesto" le linee essenziali del nuovo Stato Repubblicano. Come la Carta del Lavoro, nata il 21 aprile del 1927, sarebbe divenuta legge dello Stato quindici anni dopo con la promulgazione dei Codici Civili, così il Manifesto lanciato a Castelvecchio, aldilà di alcuni contenuti legati alla situazione del momen­to, doveva essere un abbozzo dei criteri sui quali costruire la futura Costituzione nazionale. Un preambolo lo definiva il punto 18, ma era di grande rilievo perché con­fermava il ripudio dello Stato agnostico, proprio delle democrazie parlamentari deri­vate dai principi del 1789.
Erano trascorsi poco più di due mesi dalla resa che aveva affondato l'Italia nello smarrimento mettendola alla completa mercé dei suoi nemici, ed i convenuti di Verona erano ancora con il cuore in tumulto e ansiosi di cancellare l'onta subita. Nobili e legittimi sentimenti davvero poco adatti alla pacata riflessione necessaria per concepire e studiare certi istituti. Ed infatti lo stesso Mussolini confidò a Bruno Spampanato: "A Verona non abbiamo visto dei costituenti, ma dei combattenti. Ma forse è meglio".
Alla fine, nel fervore del momento e nell'ansia dell'azione fu approvata per accla­mazione l'ipotesi di lavoro predisposta, e fu un vero miracolo di consapevolezza e di concentrazione, tanto che, se da un canto può uscirne diminuito il valore sotto l'a­spetto giuridico-tecnico, dall'altro ne è aumentato quello ideale e morale, perché, pur davanti alla materiale sconfitta incombente per la preponderanza avversaria quegli uomini vollero gridare al mondo le proprie idee perché a loro sopravvivessero. Fu una vampata di purissima fede per la quale ciascuno dei presenti non avrebbe esi­tato a bruciare la propria vita, ma nel contempo fu la conferma che l'idea che aveva trasfigurato l'Italia e accesa la speranza in Europa, aveva contenuti inequivocabili e profonde radici nell'animo di quanti in essa credevano.
Nel rievocare dopo sei decenni quel giorno memorabile, non dimenticando che l’azione politica deve essere l’applicazione di una salda concezione dell’Uomo, della vita e dello Stato, ma deve procedere e svilupparsi per operare nella mutevole e complessa realtà come tutto ciò che è vivo, ci chiediamo se quegli assunti possano riproporsi oggi, e negli stessi termini. La risposta è che il Manifesto di Verona contiene proposizioni tutt’ora valide e pertanto, opportunamente modificato per renderlo idoneo al mutare dei tempi, da esso possono trarsi buone basi per correggere l’attuale deriva negativa della situazione politica ed avviare la costruzione di un nuovo Stato, guidato realmente dal popolo e non dai grandi commessi, o commissari come in Europa li chiamano, o Ministri in Italia, in ogni caso tutti più attenti all’economia che non alla politica, alla quale quest’ultima, quella vera, asserviscono, in aderenza la volere della plutocrazia internazionale, della quale costoro sono servitori più o meno coscienti.
Ed allora raccogliendo il testimone da coloro che ci hanno preceduto a Verona, e nel solco delle idee da loro espresse, noi vogliamo lanciare un nuovo "Manifesto" con il quale proporre tale Stato, condizione unica per riprendere quel cammino di civiltà del quale l'Italia in passato è stata maestra, da sola o insieme ad altre Nazioni dell'antica Europa. Uno Stato, che possiamo definire ad integrale partecipazione del popolo al potere, e che nell'ambito di un corretto vivere sociale consente ad ognuno di esercitare la propria libertà, e la possibilità reale di partecipare al potere, scevro da falsità, da ipocrisie, e da predomini dell'uomo sull'uomo. Così correggendo i danni prodotti da idee ormai  ampiamente dimostratesi errate per non aver costruito la democrazia che si ripromettevano, quanto delle oligarchie e delle peggiori, perché formate da potentati economici attenti più al profitto che non ai destini dell'umani­tà. L'errore degli Stati moderni infatti, è stato determinato dall'essersi basati sul noto trinomio: "LIBERTÀ', UGUAGLIANZA, FRATERNITÀ" dal 1789. Però l'ugua­glianza non esiste in natura, ed affermarla a base della organizzazione sociale è cosa estremamente deleteria, come nel volgere dei tempi ben si è dimostrato e tuttora dimostra, con la conseguenza che la libertà è solo nelle dichiarazioni, mentre al popo­lo ne resta molto poca, e la fraternità è di fatto sparita. Occorre invece e per quanto possibile, organizzare uno Stato nel quale nessuno possa artificiosamente impedire ad altri di tentare di concretizzare l'essenza del proprio vivere, della quale la propria quotidianità è l'armonica realizzazione, secondo le proprie capacità e volontà, que­st'ultima effettivamente realizzata e non solo enunciata:
Riteniamo che per cambiare le cose, si debba considerare che, in quanto parte di un gruppo, l'interesse particolare di ciascun individuo, spirituale o materiale che sia, può trovare migliore e più continua soddisfazione se tanto avviene nel contempo per l'in­tero gruppo. Gruppo che diviene popolo quando di tanto prende coscienza, e Nazione quando si accorge dei legami di continuità esistenti fra il vivere di ognuno e quello comune del gruppo stesso, nella consapevolezza delle medesime radici e dell'essere "comunità di destino". Ciò vuol dire che quel che conta per garantire la libertà, non è l'uguaglianza, ma la socialità, altro grande valore indispensabile per la realizzazio­ne della libertà stessa. Il suddetto trinomio allora si riassume in un unica parola: SOCIALITÀ, che con esclusione dell'uguaglianza gli altri due comprende, e nella considerazione della quale solo può parlarsi di effettiva sovranità del popolo, visto nelle sue diversità come nel suo insieme, richiedendo però ad ognuno il contempora­neo adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà, cosicché dal gioco armonico delle diversità sia fatta sempre più vigorosa e più ricca la vita comune.
Ecco il Corporativismo, e con esso la Socializzazione, che soccorrono alla realiz­zazione di uno Stato nel quale non hanno voce dottrine teoriche e spesso utopistiche, ma realtà effettive, relative ad ogni attività umana intellettuale o materiale, ciascuna rappresentata in una comune assemblea istituzionale e raggruppata in una propria categoria. Idee rivoluzionarie che riconducono al senso di comunità, nella compren­sione che nessun singolo individuo può sperare di realizzare le proprie scelte senza immergerle in quelle di quanti altri lo circondano.
Uno solo è il modo per combattere e vincere il capitalismo che subordina l'Uomo alle cose e travalica il campo economico trasformandosi in plutocrazia: eliminare ogni forma di parassitismo sociale e porre come finalità comune le priorità poste dalla realizzazione della libertà e dello sviluppo della Nazione, dando vita ad uno Stato che noi chiamiamo ORGANICO. Uno Stato del quale ricevere la cittadinanza, possa dal forestiero essere considera­to altissimo onore, come era un tempo il vivere con la legge romana. Sarà naturalmente necessario accantonare l'attuale Costituzione, e pur tenendo conto della nostra allergia per tali documenti ridondanti di belle parole poi inascoltate nei fatti e causa di eccessive e talvolta pruriginose staticità idonee per chi detiene il potere ma non per il popolo, sostituirla con un testo che contenga i principi fonda­mentali, le forme istituzionali ed il loro funzionamento.
Se i "18 punti" del "MANIFESTO DI VERONA" non pretendevano di essere più che un significativo "preambolo", lo schema del "MANIFESTO PER IL XXI SECO­LO" da noi proposto e che di seguito riportiamo, non vuol essere che un aggiorna­mento di quel preambolo, lasciandone immutato lo spirito, proseguendone gli inten­ti e precisando che non si tratterà mai di pesanti macigni, ma di linee sempre modi­ficabili, allorché sarà dato di tradurlo in diritto positivo o in qualunque momento in caso di successive necessità
Aggiungiamo altresì a scanso di equivoci da parte di chiunque, che intendiamo rag­giungere il nostro scopo all'interno e nel rispetto delle leggi vigenti.
Un passo dopo l'altro, per l'Italia e l'Europa di domani.


PROPOSTE IDEALI
PUNTO 1
La Nazione, formata da un gruppo di individui che nel corso delle generazioni sono legati dal comune fluire del proprio vivere, è un organismo avente vita, fini, mezzi di azione superiori per potenza e durata a quelli degli individui che nei tempi la com­pongono. E' una unità morale, politica ed economica che si realizza integralmente nello Stato.

PUNTO 2
Siamo convinti che per una tale realizzazione occorre organizzare lo Stato sulla base dell'idea corporativa, attraverso la realizzazione della socializzazione, intesa in tutti i suoi significati e sviluppi, spirituali e materiali, politici ed economici. Dove corporativismo vuol dire individuare le diverse attività e dare ad ognuna voce istitu­zionale, e socializzazione metterle insieme, affinchè possano trovare il necessario accordo, anche al loro interno fra le diverse posizioni che possono verificarsi, in nome della comune appartenenza alla Nazione.

PUNTO 3
II lavoro, dovere sociale comunque attuato, da un singolo o da un insieme, in tutte le sue forme intellettuali, tecniche, manuali, organizzative, esecutive, imprenditoria­li od operative, compreso quello delle casalinghe, a questo titolo, e solo a questo tito­lo, sarà tutelato dallo Stato. Una volta socializzata, l'attività produttiva sarà in grado di autotutelarsi.

PUNTO 4
Nella intenzione di proseguire il percorso di civiltà secondo le eredità culturali, umanistiche e religiose proprie del nostro popolo, e nel desiderio di rendere sempre più trasparente la vita pubblica, lo Stato sarà aperto alla cultura, al sapere, all'opera­re a favore della solidarietà e della giustizia.

PUNTO 5
L'unità, l'indipendenza, l'integrità territoriale della Nazione saranno difese, tenen­do conto di quanto potrà essere necessario per la prevista realizzazione dell'Unione Europea. Europa che vorremmo vedere unita con un sistema federale al fine di rispet­tare e soprattutto mantenere vitali le diversità dei popoli che la compongono e ne costituiscono la ricchezza, ed organizzata sugli stessi principi da noi qui proposti per respingere l'attuale invadenza del potere plutocratico.

PUNTO 6
Sarà garantito un livello quanto più elevato possibile della salute dei cittadini, con particolare attenzione a che prevenzione e cura avvengano in modi e tempi idonei, secondo le necessità di ognuno e possibili per tutti, ed attenzione verso quanti si tro­vino in difficoltà per problemi legati alla loro situazione fisica.

PUNTO 7
L'educazione delle giovani generazioni è funzione primaria dello Stato ed è eserci­tata dai genitori e dalla scuola. La scuola, considerata struttura portante della socie­tà, dovrà favorire negli ordinamenti un disegno che stimoli la partecipazione attiva delle giovani generazioni alla didattica e fornisca loro una formazione anche in pro­spettiva europea. Mentre, per la grande importanza del compito che rivestono, gli insegnanti saranno scelti tra persone altamente qualificate, e considerati fra i più alti gradi degli impiegati dello Stato.


PUNTO 8
Verranno promossi, anche attraverso sostegni economici e collegamenti con le sedi scolastiche e le organizzazioni di categoria, lo sviluppo della cultura, la ricerca scien­tifica e tecnologica, nonché la tutela del paesaggio, dell'ambiente, e del patrimonio storico ed artistico, come pure la difesa della lingua da ingerenze di origine stranie­ra. Grande sostegno sarà dato alle attività sportive e all'educazione fisica attraverso apposite istituzioni, affinchè soprattutto la gioventù cresca forte e sana..


PUNTO 9
Lo Stato, attraverso un apposito Ente Nazionale, garantirà una decorosa abitazione alle famiglie che non abbiano capitale proprio per provvedervi, con la costruzione di nuove abitazioni da assegnare a graduale riscatto, valendo il principio che l'affitto, una volta rimborsato il capitale e pagatene il giusto frutto, costituisce titolo di acqui­sto.

PUNTO 10
Nell'economia nazionale tutto ciò che per dimensioni o funzioni esce dall'interes­se del singolo per entrare nell'interesse collettivo, sarà regolato, ed in carenza gesti­to, dallo Stato. In particolare i pubblici servizi saranno sempre gestiti dallo Stato a mezzo di Enti parastatali

PUNTO 11
La proprietà privata, frutto del lavoro e del risparmio individuale ed integrazione della personalità umana è garantita dallo Stato. Essa non deve però diventare disinte-gratrice della personalità fisica e morale di altri uomini, attraverso lo sfruttamento del loro lavoro.

PUNTO 12
II popolo crea la ricchezza col proprio lavoro. La moneta nasce dunque di proprie­tà dei cittadini. Essa è di proprietà del portatore e la sovranità su di essa appartiene al popolo.

PUNTO 13
In applicazione dei principi della socializzazione, in ogni azienda (privata, para­statale, statale) le rappresentanze dei lavoratori (dirigenti, impiegati, operai) parteci­peranno alla gestione della medesima attraverso la presenza di propri rappresentanti negli organi di gestione e di controllo, ed all'equa ripartizione degli utili, secondo quanto stabilito da apposite leggi. Le aziende socializzate spontaneamente rivedran­no i loro statuti per adeguarli alle dette leggi.

PUNT0 14
Qualora venga a mancare l'iniziativa del proprietario di una azienda agricola, que­sta verrà affidata d'autorità a coltivatori diretti riuniti in aziende a compartecipazio­ne collettiva, di ampiezze relative alle esigenze dell'economia agricola e delle varie situazioni locali, ferma restando l'equa partecipazione del proprietario alla divisione dei frutti ottenuti.




PROPOSTE ISTITUZIONALI
PRIMA
I cittadini dello Stato al compimento del diciottesimo anno di età, potranno godere di tutti i diritti civili e politici. La cittadinanza potrà essere estesa a chi si sia distinto per particolari meriti. I cittadini condannati con regolare sentenza penale passata in giudicato per motivi gravi, potranno essere soggetti alla privazione dei diritti politi­ci.

SECONDA
II Parlamento sarà composto da una sola Camera, dove si raccoglieranno i rappre­sentanti delle singole categorie eletti dai soli componenti delle stesse fra candidati, in tal modo ben noti agli elettori per vicinanza e similarità del proprio operare. I partiti, considerati associazioni politiche, avranno una loro rappresentativa quale particolare categoria della Camera delle Corporazioni, nelle quantità e nei modi che verranno stabili da una apposita legge..

TERZA
II Presidente della Repubblica sarà eletto direttamente dal popolo ogni cinque anni,
e nominerà i Ministri, suoi collaboratori esperti nei vari settori. Non sono eleggibili,
né nominabili, i componenti della Camera.

QUARTA
Nelle Regioni, Province, Comuni, e nei Consigli di Circoscrizione, dove ne sia
opportuna l'esistenza, i Presidenti saranno eletti direttamente dal popolo ogni cinque
anni, unitamente ai rispettivi Consigli, costituiti a base corporativa.


QUINTA
La elezione dei rappresentanti delle Corporazioni nelle diverse assemblee, inizie­-
ranno dai Comuni, o dai Consigli Circoscrizionali se esistenti. In successione gli elet-­
ti dalle singole categorie appartenenti al medesimo Comune, Provincia o Regione
provvederanno a designare i propri rappresentanti nella assemblea di grado superio­re, sino a quella nazionale.


SESTA
Nessuno, per nessuna ragione, potrà contemporaneamente partecipare a più d'una assemblea di qualunque livello, compresi i livelli europei. Chiunque, per qualunque motivo, dovesse trovarsi in tale condizione, dovrà immediatamente optare  per un solo incarico.

SETTIMA
Nell'esercizio delle sue funzioni la Magistratura, pur nel rispetto dell'adempimen­to delle leggi, agirà in piena indipendenza, dandosi propri organi di governo senza alcuna presenza di rappresentanti estranei, con l'eccezione nella  sua massima espressione, denominata Consiglio Superiore della Magistratura, del Capo dello Stato che ne sarà il presidente, e del Ministro della Giustizia o di loro delegati, per assi­curare il necessario collegamento con gli altri organi dello Stato.


OTTAVA
Nell'ambito della Magistratura, verranno istituiti particolari tribunali con compe­tenza sul diritto di famiglia e sul lavoro, non escludendone altri qualora se ne dimo­stri l'opportunità.



NONA
L'azione penale è obbligatoria alla notizia di reato, salve le norme sulla procedibi­lità. Le procedure civili e penali devono essere finalizzate alla massima realizzazio­ne della giustizia sostanziale piuttosto che formale, ed allo snellimento dei giudizi senza pregiudicarne l'accuratezza.

DECIMA
La legge garantirà la sicurezza dei cittadini, e a loro tutela stabilirà il potere d'in­dagine. Nessun cittadino, anche arrestato in flagrante o fermato per misure preventi­ve, potrà essere trattenuto oltre i sette giorni senza ordine dell'autorità giudiziaria.

UNDICESIMA
1 cittadini avranno diritto di controllo e di responsabile critica sugli atti di persone ed organi specificatamente incaricati di funzioni pubbliche. Il Governo avrà l'obbli­go di pubblicare annualmente il bilancio dello Stato in modo idoneo perché tutti pos­sano prenderne atto con facilità.

DODICESIMA
L’organizzazione sindacale sarà unitaria, e assumerà più alti compiti istituzionali quali la gestione della Cassa Nazionale di Compensazione degli utili, delle Assicurazioni Sociali, del contributo alla programmazione economica, e provvederà all’attuazione di corsi di specializzazione professionale, nonché di tutte le attività ricreative, sportive e dopolavoristiche. Ai sindacati non potranno essere imposti altri obblighi, se non la loro registrazione presso uffici centrali, ed il sancire ordinamenti interni che garantiscano la effettiva partecipazione degli aderenti alla vita del sindacato. Il tutto a condizione che nell’operare agiscano tenendo sempre presenti gli interessi nazionali.

TREDICESIMA
Qualora si dimostri necessario, quanto riportato nel testo che sostituirà l’attuale Costituzione, potrà essere modificato con apposita votazione a maggioranza qualificata, da parte della Camera delle Corporazioni.

Roma, 30 novembre 2003


mercoledì 18 luglio 2012

LE ALTERNATIVE ALLA DEMOCRAZIA (liberista)

LE ALTERNATIVE ALLA DEMOCRAZIA


SOCIALIZZAZIONE DELL'ECONOMIA
Dal feudo di san Leucio 1789 alla R.S.I. 1945

LE ALTERNATIVE ALLA DEMOCRAZIA (liberista)
di Alessandro Mezzano

In un articolo precedente avevamo espresso la nostra convinzione anti democratica e dimostrato come la democrazia diretta sia un’utopia che comunque sarebbe foriera di mal governo in funzione del fatto che a decidere sarebbero le maggioranze che, per legge di natura, sono le meno qualificate stante che in natura la Qualità è sempre inversamente proporzionale alla quantità.
Avevamo anche dimostrato come la democrazia indiretta o per delega si risolva in una truffa a danno dei Cittadini e diventi in pratica una furbocrazia o comunque una oligarchia di gruppi di interessi privati che non coincidono ed anzi spesso confliggono con gli interessi dei Cittadini e del Paese.
Ora tenteremo di proporre un sistema alternativo alla democrazia che abbia la capacità di ovviarne i difetti e che sia in grado di coniugare efficienza ed equità sociale.
L’alternativa da noi proposta è lo Stato Organico che si basa su due concetti base: Corporativismo e Socializzazione.
Corporativismo:
Le corporazioni sono associazioni che riuniscono gruppi di Cittadini che hanno in comune gli stessi interessi nel campo  del lavoro, della produzione, della creatività e della finanza, siano essi imprenditori che lavoratori.
All’interno di uno Stato, le varie corporazioni assumono il valore di elementi costitutivi della società civile e politica nel senso più ampio dei termini e sono controllate dallo Stato per quanto riguarda il loro apporto di diritti e di doveri verso la comunità nazionale, mentre esse stesse si auto regolano per quanto attiene ai diritti e doveri reciproci.
Una Magistratura del lavoro risolve e dirime tutte le eventuali vertenze tra imprese e lavoratori, siano esse di natura economica che normativa mentre lo Stato, come già detto controlla che il tutto si svolga nell’ambito degli interessi del Paese.
Tutto questo elimina dalla scena la lotta di classe che è sempre solamente un rapporto di forza e mai di equità e che non ha più ragione di essere nello Stato corporativo dove i rapporti sono regolati tra le parti con la mediazione dello Stato e dove questi rapporti non sono più regolati dalla forza, ma dalla legge!
Una Camera delle corporazioni partecipa alla emanazione delle leggi dello Stato per quanto riguarda le materie che le riguardano ( e quindi anche per il lavoro e la produzione ) dando un apporto di competenza specifica, di esperienza e professionale che non si trova mai nei parlamenti tradizionali della tradizione democratica dove un politico può fare indifferentemente il ministro della sanità, del lavoro, degli esteri o della pubblica istruzione, senza avere alcuna competenza specifica delle materie di cui si deve occupare.
A differenza poi dei partiti politici che finiscono sempre di essere anche loro delle corporazioni, ma di interessi diversi da quelli dichiarati e quindi in senso degenere e tesi comunque a soddisfare ambizioni economiche private o di casta, le corporazioni così come le intendiamo come organi costitutivi dello Stato Corporativo sono un elemento di equilibrio e di equità sociali e concorrono allo sviluppo armonico della vita civile e della Nazione.
Socializzazione:
La Socializzazione è il punto di arrivo dello stato corporativo in cui le corporazioni sono uno strumento di transizione per portare lo Stato da una posizione liberalcapitalista ad una, appunto, di Socializzazione.
La socializzazione è la sintesi ultima di un processo che porta i Cittadini di uno Stato alla partecipazione attiva al suo governo incominciando dal settore dell’impresa e del lavoro.
Il lavoratore e l’imprenditore non sono più elementi in antitesi ed avversari sociali, ma diventano collaboratori nella conduzione dell’azienda trasformando la lotta di classe in sinergia perché, dati i presupposti di condivisione degli utili e delle responsabilità, vengono spazzati via i motivi di contrasto che sono sostituiti da interessi e scopi comuni.
Il lavoratore cessa di essere oggetto del lavoro, ma diventa uno dei soggetti di esso con un vantaggio che non è meramente economico, ma che assume il valore morale di dignità. di partecipazione, di corresponsabilità partecipando alla gestione aziendale.
Insomma, invece di avere la risultante algebrica di due entità di valore opposto si ha la somma di due entità positive ed il risultato diventa assolutamente più valido!
Nella socializzazione delle imprese ( primo passo per la socializzazione dello Stato) la proprietà dell’azienda è suddivisa tra imprenditore in quanto tale e lavoratori in quanto tali il che significa che tali diritti di proprietà hanno il loro limite nella funzione esercitata ed i lavoratori non possono né vendere, né dare in eredità questo titolo di proprietà che è tale solo e fintanto che il lavoratore lavora nell’azienda.
Inoltre, nell’azienda socializzata, le parti sono tenute ad agire nell’interesse superiore dello Stato e quindi della comunità Nazionale e di questo obiettivo si fa carico il controllo dello Stato Organico ( un esempio, benché parziale di tale concetto lo si ha già per esempio in Germania dove le ditte con un determinato numero dipendenti come Bayer o BASF danno ai propri lavoratori circa un terzo della proprietà delle aziende )
Immaginate la conduzione dei rinnovi contrattuali o le decisioni sulle delocalizzazioni in una siffatta situazione …
Tale concetto di socializzazione può essere in seguito esteso ai rapporti dei Cittadini con le istituzioni in un processo di vera cooperazione dove però lo Stato etico è l’arbitro imparziale e decisivo delle soluzioni finali che devono sempre tenere conto dell’interesse Nazionale.
E’ l’idea dello Stato Organico e cioè di quella forma di Stato che non è pura entità amministrativa, ma un’organizzazione sociale totalizzante in cui, come accade nella famiglia che della società è la cellula primaria,  ogni cittadino ha una sua identità ed una sua funzione sociale in quanto membro della comunità e la comunità ha la sua identità e la sua funzione solamente in quanto aggregazione e sommatoria dei suoi cittadini con i valori della tradizione, della cultura e della solidarietà!
Uno Stato in cui i Cittadini non operano solamente per il proprio interesse personale, ma sono le componenti di uno sforzo collettivo per il progresso dell’intera comunità.
Per chi volesse approfondire tali concetti, rimandiamo a “Lo stato organico” di Rutilio Sermonti ed a “Perché non sono democratico” di Nicola Cospito.
Come ulteriore organizzazione dello Stato corporativo e sociale vorremmo aggiungere una selezione meritocratica che provveda affinché i soggetti cui sarà richiesto di partecipare alle decisioni della vita pubblica siano persone informate e capaci.
Si potrebbero istituire nelle scuole dei corsi obbligatori di educazione civica nei quali si spiegasse ai futuri cittadini quali sono le istituzioni dello Stato, quali i loro compiti e le funzioni, quali siano i diritti ed i doveri dei cittadini verso lo Stato e dello Stato verso i Cittadini, quali siano le principali leggi che regolano l’amministrazione della cosa pubblica sia a livello locale che a livello nazionale.
.Avremmo così una classe di cittadini coscienti e preparati a dare il loro fattivo contributo alla gestione dello Stato corporativo e sociale anziché una massa amorfa di persone che ignorano i principi basilari delle regole della vita sociale.
Mussolini disse:” L’ignoranza esclude dalla partecipazione” e questo non è un concetto di selezione elitario quanto una legge di natura perché l’esclusione non deriva da una discriminazione contro qualcuno, ma deriva dalla incapacità di quel qualcuno di capire e di partecipare con cognizione di causa e quindi con virtuosa operatività sociale!
Il superamento dei suddetti corsi costituirebbe titolo essenziale per potere partecipare alla carriera politica attiva come rappresentante delle corporazioni.
Tanto per contestare subito le consuete ritrite e banali osservazioni dei democratici che sostengono non vi sia altra alternativa alla democrazia se non la dittatura vogliamo precisare che la storia ci insegna come la dittatura non sia mai stata, né possa essere, una stabile forma di governo in quanto essa ha bisogno di particolari condizioni storiche e di uomini di grande carisma, condizioni queste che non possono essere programmate né essere programmatiche, ma che sono esclusivamente contingenti ed irripetibili.
Inoltre, anche una superficiale analisi delle dittature degli ultimi anni dimostrano che esse non nascono da una ideologia specifica, ma hanno le loro radici in ideologie a volte tra di loro antitetiche ed a volte nate dal una concezione politica assolutamente democratica come per esempio le decine di dittature comuniste!
L’ideologia della dittatura in se è una corbelleria insostenibile degna di cervelli che ragionano solo in modo superficiale!
Quanto alla nostra diffidenza ed alla nostra totale critica alla democrazia, a chi ci contesta di essere dei visionari e dei “parvenues” intellettuali rispondiamo che in questo siamo in buona compagnia, da Platone ( lettera VII° e La repubblica ) a Tommaso Moro (“Utopia”) a Tommaso Campanella (“ La città del sole” ) ed in parte anche nel pensiero filosofico di Fichte ( la dottrina dello Stato ) e Hegel ( lineamenti di filosofia del diritto ) e giù sino ad Evola ( Gli uomini e le rovine ) e pertanto respingiamo i soliti luoghi comuni ignoranti ed invitiamo a ragionare nel merito .!!
 Alessandro Mezzano

lunedì 16 luglio 2012

DA MAASTRICHT A LISBONA OVVERO LO STUPRO DELLA NOSTRA COSTITUZIONE

 
 Monday 16 july 2012
Fonte: sovranidade 
Non sarà facile ma voglio provare a raccontare la storia di un grande imbroglio a danno dei popoli europei e non solo, un inganno che parte da lontano, diciamo dalla fine della seconda guerra mondiale.
 E’ la storia di un progetto che potremo tranquillamente definire “eversivo” e che vede l’Europa governata da una agguerrita oligarchia burocratico/finanziaria.
 Poiché il progetto subisce, nel 1992, un’importante accelerazione,  è da tale anno che bisogna iniziare a raccontare questa incredibile storia.
 Il trattato di Maastricht
 Il 29 gennaio 1992 viene emanata la legge numero 35/1992, ovvero la Legge “Carli / Amato”: per la privatizzazione di istituti di credito ed enti pubblici.
 Subito dopo, precisamente il 7 febbraio 1992 si verificano due fatti estremamente importanti  per la realizzazione del progetto: viene varata la legge 82 con cui il ministro del Tesoro Guido Carli (già governatore della Banca d’Italia), attribuisce alla Banca d’Italia la “facoltà di variare il tasso ufficiale di sconto senza doverlo più concordare con il Tesoro”.
Quindi, dal 1992 la Banca d’Italia decide “autonomamente” per lo Stato italiano il costo del denaro.
Giulio Andreotti come presidente del Consiglio assieme al ministro degli Esteri Gianni de Michelis e al ministro del Tesoro Guido Carli firmano il Trattato di Maastricht, con il quale vengono istituiti il Sistema europeo di Banche Centrali (SEBC) e la Banca Centrale Europea (B.C.E.).
 Il SEBC è un’organizzazione, formata dalla BCE e dalle Banche Centrali nazionali dei Paesi dell’Unione Europea, che ha il compito di emettere la moneta unica (euro) e di gestire la politica monetaria comune con l’obiettivo fondamentale di mantenere la stabilità dei prezzi.
I cittadini italiani non si rendono conto della gravità delle conseguenze che questi atti hanno, ed avranno, sulle loro vite.
 Ne subiscono le conseguenze e quando si domandano “perché”, ogni volta  viene loro proposto un capro espiatorio diverso.
 L’importante è che i cittadini non riescano a capire quanto sta avvenendo.
 Le potenti élite finanziarie, nel frattempo, continuano imperterrite a lavorare al loro progetto e, il 13 ottobre 1995, il governo italiano, con il Decreto Ministeriale numero 561, pone il segreto su: “articolo 2) atti, studi, analisi, proposte e relazioni che riguardano la posizione italiana nell’ambito di accordi internazionali sulla politica monetaria…;
 d) atti preparatori del Consiglio della Comunità europea;
 e) atti preparatori dei negoziati della Comunità europea…
 Articolo 3. a ) atti relativi a studi, indagini, analisi, relazioni, proposte, programmi, elaborazioni e comunicazioni… sulla struttura e sull’andamento dei mercati finanziari e valutari…; ecc. …)”.
 Insomma, quanto il Governo sta facendo per realizzare il progetto europeo non si deve sapere, men che meno in ambito di politica monetaria.
 Il 1 gennaio 2002 l’Italia ed altri Paesi europei, non tutti però, vedi ad es. Gran Bretagna, Danimarca, Svezia, adottano come moneta l’Euro. I prezzi raddoppiano, gli stipendi no. La crisi economica si acuisce. Anche in questo caso viene offerto ai cittadini qualche spiegazione di comodo per giustificare una crisi che, invece, secondo alcuni analisti, è stata pianificata da tempo.
 Nei primi mesi del 2005 Famiglia Cristiana rende note le quote di partecipazione alla Banca d’Italia. Si scopre così, per la prima volta (le quote di partecipazione di Banca d’Italia erano “riservate”) che l’istituto di emissione e di vigilanza, in palese violazione dell’articolo 3 del suo statuto che così recita: “In ogni caso dovrà essere assicurata la permanenza della partecipazione maggioritaria al capitale della Banca da parte di enti pubblici o di società la cui maggioranza delle azioni con diritto di voto sia posseduta da enti pubblici” è, per il 95% in mano a banche private e società di assicurazione (Intesa, San Paolo, Unicredito, Assicurazioni Generali, ecc..).
 Solo il 5% delle quote è detenuto da un ente pubblico: l’INPS (l’INAIL in percentuale molto modesta).
 Da quando la Banca d’Italia è in mano ai privati? Come è potuto succedere tutto ciò? La risposta è semplice: con la privatizzazione degli istituti di credito voluta con la legge numero 35/1992 Amato- Carli, cui, l’ex governatore della Banca d’Italia, ha fatto subito seguire la legge 82/1992, che dava facoltà  alla Banca d’Italia di decidere autonomamente il costo del denaro.
 In altri termini con queste due leggi la Banca d’Italia è divenuta proprietà di banche private che si decidevano da sole il costo del denaro decretando così, definitivamente, il dominio della finanza privata sullo Stato. A questo stato di cose seguono i noti scandali bancari (Bond argentini, Cirio, Parmalat, scalata Unipol con il rinvio a giudizio del governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio, ecc..) con grande danno per migliaia di risparmiatori.
 Non è possibile che il ministro Carli, ex governatore della Banca d’Italia, non si sia accorto di tutto ciò. Ed ancora: è possibile che i politici, ministri del Tesoro, governatori non si siano accorti, per ben 12 anni, di questa anomalia? Comunque se ne accorgono alcuni cittadini, che citano immediatamente in giudizio la Banca d’Italia.
 Il 26 settembre 2005 un giudice di Lecce, con la sentenza 2978/05, nel processo intentato dall’Adusbef, condanna la Banca d’Italia a restituire ad un cittadino (l’attore) la somma di euro 87,00 a titolo di risarcimento del danno derivante dalla sottrazione del reddito monetario.
 Nella sentenza viene sottolineato, inoltre, come la Banca d’Italia, solo nel periodo 1996-2003, si sia appropriata indebitamente di una somma pari a 5 miliardi di euro a danno dei cittadini.
 Ma ancora non basta, perché la perizia del CTU nominato dal giudice mette in evidenza, per quanto concerne la Banca d’Italia: come questa sia, in realtà, un ente privato, strutturato come società per azioni, a cui è affidata, in regime di monopolio, la funzione statale di emissione di carta moneta, senza controlli da parte dello Stato; come, pur avendo il compito di vigilare sulle altre banche, Banca d’Italia sia in realtà di proprietà e controllata dagli stessi istituti che dovrebbe controllare; come, dal 1992, un gruppo di banche private decida autonomamente per lo Stato italiano il costo del denaro.
 Per quanto concerne la B.C.E.: come questa sia un soggetto privato con sede a Francoforte; come, ex articolo 107 del Trattato di Maastricht, sia esplicitamente sottratta ad ogni controllo e governo democratico da parte degli organi dell’Unione Europea; come la succitata previsione faccia si che la B.C.E. sia un soggetto sovranazionale ed extraterritoriale; come, tra i sottoscrittori della B.C.E. vi siano tre Stati (Svezia, Danimarca ed Inghilterra) che non hanno adottato come moneta l’euro, ma che, in virtù delle loro quote, possono influire sulla politica monetaria dei Paesi dell’euro.
 In altri termini la sentenza mette in evidenza come lo Stato, delegato dal popolo ad esercitare la funzione sovrana di politica monetaria, dal 1992 l’abbia ceduta a soggetto diverso dallo Stato: prima alla Banca d’Italia (di proprietà al 95% di privati), quindi alla BCE a tutti gli effetti soggetto privato, soprannazionale ed extraterritoriale.
 Così facendo lo Stato ha violato due articoli fondamentali della Costituzione:
 L’articolo 1 che recita: “… La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Infatti il popolo aveva delegato i suoi rappresentanti ad esercitare la funzione sovrana di politica monetaria, non a cederla a soggetti privati.
 L’articolo 11 della Costituzione che recita: “L’Italia … consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.
 L’articolo 11 della Costituzione consente “limitazioni” e non consente affatto “cessioni” della sovranità nazionale.
 Inoltre, la sovranità monetaria non è stata ceduta a condizioni di parità (le quote di partecipazione alla BCE non sono paritarie), vi fa parte anche la Banca d’Inghilterra che non fa parte dell’euro e partecipa alle decisioni di politica monetaria del nostro Stato, senza che lo Stato italiano possa in alcun modo interferire nella politica monetaria interna.
 Ed ancora. Tale limitazione (non cessione) può essere fatta ai soli fini di assicurare “la pace e la giustizia tra le Nazioni”. I fini della BCE non sono quelli di assicurare pace e giustizia fra le nazioni, ma quello di stabilire una politica monetaria.
 La sentenza è, quindi, estremamente importante e, per taluni, anche estremamente pericolosa, visto che ai politici che illegittimamente hanno concesso la sovranità monetaria prima alla Banca d’Italia e poi alla BCE potrebbero essere contestati i reati di cui agli articoli:
 241 codice penale: “Chiunque commette un fatto diretto a sottoporre il territorio dello Stato o una parte di esso alla sovranità di uno Stato straniero, ovvero a menomare l’indipendenza dello Stato, è punito con l’ergastolo”.
 283 codice penale: “Chiunque commette un fatto diretto a mutare la costituzione dello Stato, o la forma del Governo con mezzi non consentiti dall’ordinamento costituzionale dello Stato, è punito con la reclusione non inferiore a dodici anni”.
 I politici, infatti, hanno ceduto un potere indipendente e sovrano ad un organismo privato e, per quanto riguarda la BCE , anche esterno allo Stato.
 Il pericolo c’è, ma la paura di un possibile rinvio a giudizio per questi gravi reati dura poco.
 Per una strana coincidenza, a soli 5 mesi dalla sentenza che condanna la Banca d’Italia,  nell’ultima riunione utile prima dello scioglimento delle camere in vista delle elezioni, con la legge 24 febbraio 2006 numero 85 dal titolo “Modifiche al codice penale in materia di reati di opinione” vengono modificati proprio gli articoli 241 (attentati contro l’indipendenza, l’integrità e l’unità dello Stato); 283 (attentato contro la Costituzione dello Stato); 289 (attentato contro organi costituzionali e contro le assemblee regionali), ovvero le figure di attentato alle istituzioni democratiche del Paese, che, diciamolo, con i reati di opinione hanno ben poco a che vedere.
 Cosa cambia con questa modifica? Nella sostanza le figure di attentato diventano punibili solo se si compiono atti violenti. Se invece si attenta alla Costituzione semplicemente abusando di un potere pubblico non si commette più reato. I politici, dunque, non solo sono salvi per quanto concerne il passato, ma, da ora in poi, potranno abusare del loro potere pubblico violando la Costituzione senza più rischiare assolutamente nulla.
 Certo, questa modifica priva la nostra repubblica di qualsiasi difesa, ma di questo pare nessuno se ne accorga. O forse è proprio questo che i nostri politici vogliono…
 Pochi mesi dopo questa modifica arriva la sentenza 16.751/2006 della Cassazione a Sezioni Unite,  che accoglie il ricorso di Banca d’Italia avverso la succitata sentenza del giudice di Lecce.
 Nelle motivazioni si legge: “… al giudice non compete sindacare il modo in cui lo Stato esplica le proprie funzioni sovrane, tra le quali sono indiscutibilmente comprese quelle di politica monetaria, di adesione a trattati internazionali e di partecipazione ad organismi sovranazionali: funzioni in rapporto alle quali non è dato configurare una situazione di interesse protetto a che gli atti in cui esse si manifestano assumano o non assumano un determinato contenuto”.
 In altri termini il giudice non può sindacare su come lo Stato esercita le sue funzioni sovrane, neanche quando queste arrechino un danno al cittadino.
 Ma, come abbiamo appena visto, il cittadino è rimasto privo di difese anche nel caso in cui, abusando di poteri pubblici, la sua sovranità venga svenduta a soggetti privati. E allora che fare? Al cittadino resta un’ultima flebile speranza? Può aggrapparsi alla violazione dell’articolo 3 dello Statuto della Banca d’Italia?  Assolutamente no, anche l’articolo 3 dello Statuto, ovviamente, è stato modificato a dicembre del 2006  da un altro banchiere travestito da politico: Romano Prodi capo dell’allora Governo. Ora non è più necessaria nessuna partecipazione pubblica in Banca d’Italia. Tutto in mano ai privati per Statuto. La sovranità monetaria è persa. Ma l’inganno è solo all’inizio, anche se è stato portato a termine un tassello importante del progetto, in fondo si sa, è il denaro che governa il mondo.
 Veniamo ora al famigerato Trattato di Lisbona
 I nostri potenti banchieri, sicuri della loro totale impunità, proseguono nel grande imbroglio ai danni dei Popoli e, visto che nel 2005 la Costituzione Europea, che tra l’altro, presentava palesi violazioni con le maggiori costituzioni europee e pareva scritta per favorire le grandi lobby affaristiche in danno dei cittadini, era stata bocciata da francesi ed olandesi al referendum, decidono che, per far passare il testo, si deve agire in due modi:
 evitare di far votare la popolazione;
 rendere il testo illeggibile.
 Il loro progetto prevede di lasciare la Costituzione Europea immutata e, per evitare il referendum, di chiamarla “Trattato”.
 Poi, per non far capire al cittadino che nulla è cambiato, rendono il testo illeggibile inserendo migliaia di rinvii ad altre leggi e note a piè pagina, come hanno confessato:
 l’ex presidente francese Valéry Giscard D’Estaing: “Il Trattato è uguale alla Costituzione bocciata. Solo il formato è differente, per evitare i referendum”; il parlamentare europeo danese Jens-Peter Bonde: “i primi ministri erano pienamente consapevoli che il Trattato non sarebbe mai stato approvato se fosse stato letto, capito e sottoposto a referendum. La loro intenzione era di farlo approvare senza sporcarsi le mani con i loro elettori”; il nostro Giuliano Amato: “Fu deciso che il documento fosse illeggibile… Fosse invece stato comprensibile, vi sarebbero state ragioni per sottoporlo a referendum”.
 Nel 2007 tutto è pronto e il 13 dicembre i capi di governo si riuniscono a Lisbona per firmare il Trattato, ovvero la Costituzione Europea bocciata nel 2005 e resa illeggibile.
 Ora manca solo la ratifica dei vari Stati.
 Il parlamento italiano, “all’unanimità” ratifica il trattato di Lisbona l’8 agosto del 2008, approfittando della distrazione dei cittadini dovuta al periodo feriale. Nessuno spiega ai cittadini cosa comporti la ratifica del Trattato, e naturalmente tutta l’informazione asservita al potere politico/bancario, ancora una volta, vergognosamente tace.
 In realtà con quella ratifica abbiamo ceduto la nostra sovranità in materia legislativa, economica, monetaria, salute e difesa ad organi (Commissione e Consiglio dei Ministri) che non verranno eletti dai cittadini.
 Il solo organo eletto dai cittadini, il Parlamento Europeo, non avrà, nei fatti, alcun potere.
 Ancora una volta i nostri politici, abusando del loro potere pubblico, hanno violato l’articolo 1 e 11 della nostra Costituzione in favore dei loro soci: i banchieri privati.
 L’articolo 1 perché, come detto, lo Stato ha la delega ad esercitare la funzione sovrana in nome e per conto dei cittadini, non a cederla. E’ come se una persona avesse il compito di amministrare un immobile e lo vendesse all’insaputa del proprietario, abusando del potere che gli è stato conferito.
 Inoltre ha violato  l’articolo 11 perché, come abbiano visto:  “L’Italia… consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità”.
 Lo Stato, invece, ancora una volta ha ceduto la sovranità e l’ha ceduta non in condizioni di parità.
 Infatti l’Inghilterra, che già non ha aderito all’euro, in sede di negoziato ha ottenuto diverse e importanti esenzioni per aderire al Trattato di Lisbona, eppure pare che il primo presidente europeo sarà proprio l’ex primo ministro inglese Tony Blair. La nomina a presidente europeo di Blair deve far riflettere, sopratutto in ordine alla cosiddetta ”Clausola di Solidarietà” presente nel Trattato di Lisbona. Detta Clausola prevede che ogni nazione europea sia tenuta a partecipare ad azioni militari quando si tratti di lottare contro “azioni terroristiche” in qualunque altra nazione. Il problema è che nessuno ha definito cosa si intenda per “azioni terroristiche”. Chi deciderà chi è un terrorista e perché?
 Persone come Tony Blair, in passato coinvolto nello scandalo sulle inesistenti armi di distruzione di massa in mano a Saddam con cui è stata giustificata la guerra all’Iraq?
 A quante guerre ci sarà chiesto di partecipare solo perché qualche politico non democraticamente eletto avrà deciso di usare la parola “terrorista” o “azione terroristica”?
 Si consideri che già, oggi, basta definire un cittadino “presunto terrorista” per poterlo privare dei diritti umani e permettere che i servizi segreti possano sequestrarlo a fini di tortura, attività criminale che potrà poi essere coperta con il segreto di Stato, come ha recentemente confermato con la sentenza 106/2009  (processo Abu Omar) anche la nostra Corte Costituzionale.
 Ma il dato più allarmante è che con il Trattato di Lisbona viene reintrodotta la pena di morte. Ovviamente tale dicitura non è chiaramente espressa nel testo, ma in una noticina a piè pagina, tanto per continuare nell’inganno !
 Leggendo attentamente questa noticina, e seguendo tutti i rimandi, si arriva alla conclusione che con il Trattato di Lisbona accettiamo anche la Carta dell’Unione Europea, la quale dice “La morte non si considera cagionata in violazione del presente articolo se è il risultato di un ricorso alla forza resosi assolutamente necessario: per eseguire un arresto regolare o per impedire l’evasione di una persona regolarmente detenuta; per reprimere, in modo conforme alla legge, una sommossa o un’insurrezione” (articolo 2, paragrafo 2 della CEDU).
 La cosa è di estrema gravità.
 Infatti, anche in questo caso, chi deciderà che una protesta è sfociata in disordini tali da rendere lecito un omicidio? (l’Italia, poi, ha un triste primato in fatto di “agenti provocatori” pagati per trasformare una manifestazione in guerriglia, Kossiga docet…). In quali casi si potrà sparare sulla folla disarmata? Chi deciderà quando potranno essere sospesi i diritti umani? Perché di questo si tratta.
 Ecco la storia di un grande inganno, un inganno che inizia:
 - con il cedere illecitamente, proteggendosi con il segreto, la funzione sovrana dell’esercizio della politica monetaria a privati:
 - nello sfuggire alle responsabilità del proprio operato depenalizzando le figure di attentato alla Costituzione;
 - nell’approfittare delle ferie estive per ratificare un Trattato con cui vengono cedute le nostre restanti sovranità (legislativa, economica, monetaria, salute, difesa, ecc.) ad una oligarchia non eletta e che nessuno conosce;
 - ed, in ultimo, nel dare il potere a qualche politico di poter privare i cittadini dei loro diritti umani semplicemente con una parola.
 Così, quando i cittadini si renderanno conto che hanno perso tutto, che la loro vita viene decisa da una oligarchia di potenti non eletti democraticamente o meglio una cerchia ristretta di banchieri/burocrati avidi e senza scrupoli, quando si renderanno conto del grande sopruso di cui sono vittime, non sarà loro concesso neanche reagire o protestare, perché basterà una sola parola per trasformare la reazione in “azione terroristica” o la protesta in “insurrezione”, legittimando così la sospensione dei diritti umani e l’applicazione della pena di morte.
 Il tutto, poi, verrà coperto con il “segreto di Stato”.
 Così è stata definitivamente stuprata e sepolta la Sovranità Popolare Europea.
Fonte: sovranidade  

T
ratto da:  http://www.frontediliberazionedaibanchieri.it/article-da-maastricht-a-lisbona-ovvero-lo-stupro-della-nostra-costituzione-108199911.html